Fonte: "Ecomafia 2014" a cura di Legambiente
ECOMAFIA IN LOMBARDIA
Maggio 2013-Aprile 2014
IL CICLO DEI RIFIUTI
Anche in Lombardia la catena di montaggio del ciclo illegale
dei rifiuti non si arresta mai. Mentre la crisi economica continua a mordere e
tante aziende son costrette a chiudere i battenti, gli scarti di quello che
rimane della produzione, non solo lombarda, e del consumo continuano spesso a
finire dalla parte sbagliata. ‘Ndrangheta, appalti truccati, corruzione, movimento terra
e smaltimenti illeciti continuano a essere presenze immancabili di questo
sistema criminale.
La forza economica della mafia di origine calabrese in questo
settore e i suoi legami con l’imprenditoria e le classi dirigenti lombarde sono
confermate dalla Relazione annuale della Direzione italiana antimafia che, a
proposito del distretto della Corte di
appello di Brescia (Relazione del consigliere Pier Luigi Maria Dell’Osso) sottolinea:
“In concomitanza con i fenomeni
delinquenziali di tradizionale radicamento nel territorio, dai traffici d’ogni
genere di sostanze stupefacenti alla tratta di essere umani, allo smaltimento
illecito dei rifiuti, allo sfruttamento organizzato di una prostituzione troppo
spesso schiavizzata, emergono nuove forme di mercato illegale e modalità
operative in perenne affinamento ed evoluzione, in grado di confondersi non di
rado con l’economia legale, talchè sodalizi criminali o loro rappresentanti possono riuscire a intessere affari, più o
meno mediati, con settori della stessa pubblica amministrazione: e ciò, non
necessariamente avvalendosi delle tradizionali azioni di minaccia, violenza,
ricatto. Paradigmatico di siffatte connotazioni dell’agire di stampo mafioso è
il sistema attraverso il quale taluni clan criminali pervengono, evidentemente
non senza la cooperazione di esponenti delle istituzioni pubbliche e l’utilizzo
di artificiosi strumenti giuridici o paragiuridici, al conseguimento di
cospicui appalti, formalmente aggiudicati ad altre imprese, anche attraverso il
noto meccanismo dei sub, sub e ancora sub affidamenti della realizzazione di
importanti parti d’opera. E allorchè si tratti di rilevanti lavori stradali,
non di rado l’attività si articola in stretta connessione con imponenti
traffici di rifiuti, anche siderurgici, la cui pericolosità è ben nota, se non
trattati, utilizzati a mo’ di inerti da cava per le basi di fondo delle costruzioni
stradali: e per buona ventura il fenomeno può ora essere oggetto di più
pregnanti investigazioni, alla luce della novella normativa dell’agosto del
2010, che ha stabilito la competenza delle Dda ( Direzione distrettuale
antimafia) per il traffico organizzato dei rifiuti”.
Dall’ennesimo filone di indagine della celeberrima inchiesta
antimafia sull’asse Reggio Calabria-Milano, Infinito-Crimine, è scaturita a
giugno 2013 l’operazione denominata Fly Hole, una delle più imponenti eseguite
nell’ultimo anno dai carabinieri del Noe ( Nucleo operativo ecologico) di
Milano. Operazione conclusa con 8 provvedimenti di custodia cautelare (3 in
carcere, 5 ai domiciliari), 20 persone denunciate e il sequestro di 30 camion e
2 aziende del valore di oltre 3 milioni di euro; per un guadagno illecito stimato
tra 700 mila e un milione di euro. Rifiuti e cemento erano le attività
principali dei soggetti indagati.
Movimentare terra per smaltire rifiuti, come da copione. Gli
arrestati sono,infatti, imprenditori operanti nel settore della movimentazione
terra, gestori di impianti e di società di trasporti che, con il classico
sistema del ”giro-bolla” smaltivano rifiuti speciali che, senza essere
sottoposti ad alcun trattamento, venivano illecitamente declassificati in terra
e rocce da scavo e poi riversati in cave non autorizzate nelle province di Lodi
e di Novara. I camion utilizzati per il trasporto dei rifiuti erano affidati ai
“padroncini” di origine calabrese in contatto con le cosche, che scaricavano
nelle cave di San Rocco al Porto (Lodi) e Romentino (Novara) migliaia di
tonnellate di rifiuti non trattati, assicurando all’organizzazione criminale
enormi profitti illeciti. Le indagini, coordinate dal Sostituto procuratore
della distrettuale antimafia Alessandra Dolci, hanno messo in luce gli stretti
legami di uno degli arrestati con Pasquale Barbaro, noto boss della ‘ndrangheta
lombarda morto a fine 2007, e successivamente con Francesco Ietto, altro
esponente di spicco delle cosche calabresi dell’hinterland milanese. Si tratta
di quella che il Gip Andrea Ghinetti chiama “la camera di compensazione che l’organizzazione
criminale si è gradualmente ricavata nel settore allo scopo di garantirsi, in
prospettiva, il monopolio anche della gestione dei rifiuti”.
Nell’inchiesta sono finite anche alcune informative che
certificano l’interesse delle società degli indagati per i lavori dell’Expo del
2015 e per quelli relativi alla realizzazione dell’autostrada BreBeMi. I
materiali inquinati e smaltiti illegalmente provenivano da numerosi cantieri
aperti a Milano e dintorni, come quello di un supermercato di Assago, degli
scavi di luce e gas in vari quartieri della metropoli e di quelli del teleriscaldamento
a Sesto San Giovanni.
Fa ancora discutere in regione la tormentata bonifica dell’ex
Sisas di Pioltello (MI), vicenda conclusa, per il momento, con l’operazione
coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, denominata Black
smoke, che risale al gennaio 2014. L’ennesimo caso di bonifica che finisce
sulle scrivanie dei magistrati. I militari hanno infatti denunciato 38 persone
ed eseguito 6 ordinanze di custodia cautelare a carico di funzionari pubblici e
titolari di imprese, tra i quali il commissario per la bonifica nominato dall’allora
Ministero dell’ambiente e un alto dirigente dell’Arpa (Agenzia Regionale per la
Protezione dell’Ambiente) di Lombardia, accusati a vario titolo di attività
organizzate per il traffico illecito di rifiuti, truffa aggravata e corruzione.
Uno degli imprenditori indagati per
corruzione era anche stato oggetto delle segnalazioni di due prefetture per la
sua “permeabilità ai condizionamenti operanti dalle organizzazioni criminali”.
Nonostante ciò, i lavori di bonifica non sono stati
interrotti, ma nel frattempo è stata avviata l’indagine nel corso della quale
gli inquirenti hanno predisposto intercettazioni ambientali e telefoniche che
hanno permesso di ricostruire gli incontri e la raccolta di denaro tra gli
imprenditori coinvolti, che serviva per corrompere i pubblici funzionari
affinchè agevolassero la prosecuzione dei lavori e degli smaltimenti illeciti.
Per una bonifica resa indispensabile dopo che la Società
italiana serie acetica sintetica (Sisas), come tante industrie chimiche sorte
nel dopo guerra, ha contaminato terreni e realizzato discariche incontrollate
per decenni, almeno fino a quando negli anni Ottanta sono state emanate le
prime leggi in materia di tutela ambientale e in particolare sullo smaltimento
dei rifiuti industriali. Troppo tardi per risparmiare il territorio da un avvelenamento di proporzioni immani.
Così, dopo le prime norme sulle bonifiche e l’affermarsi di una maggiore
sensibilità ambientale è iniziato un contenzioso infinito su chi, come e
soprattutto con quali soldi dovesse realizzare la bonifica di un’area di più di
300.000 metri quadrati su cui sono sorte ben 3 grandi discariche abusive, per
un totale di 280.000 tonnellate di rifiuti contenenti mercurio, zinco, idrocarburi
policiclici aromatici, cromo esavalente, tricloroetano, tricloroetilene e
nerofumo.
Nel 2004, dopo 3 anni dalla chiusura e dal fallimento dell’azienda,
è intervenuta perfino l’Unione Europea avviando una procedura di infrazione
europea che rischiava di costare allo Stato italiano una sanzione di 400
milioni di euro più 200.000 euro per ogni giorno di ritardo nella bonifica.
Grazie anche a una norma regionale che Legambiente aveva definito “ad aziendam”,
pochi giorni prima del termine che avrebbe fatto scattare la sanzione europea,
è stato approvato nel 2009 un progetto di bonifica. Che è finito, e siamo a
oggi, puntualmente sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti e in cui
responsabilità penali saranno chiarite in sede di processo. Intanto, aperderci
finora è stata l’intera collettività.
Un cenno merita anche l’inchiesta Clean City per l’estensione
e la sistematicità del sistema di corruzione scoperto dagli inquirenti nel
settore dei rifiuti in terra lombarda. Più di 200 militari della Guardia di
finanza di Milano coordinati dalla procura di Monza hanno eseguito nel dicembre
2013 ben 26 provvedimenti di custodia cautelare (ad altre 15 persone è stato
imposto l’obbligo di dimora), con il sequestro di beni per un valore di 14
milioni di euro. L’operazione riguarda appalti truccati e tangenti per la
raccolta di rifiuti urbani in Lombardia e in altre 3 regioni, per un fatturato
totale di 260 milioni di euro. Tra le persone coinvolte compaiono imprenditori,
politici, un Sindaco, assessori, funzionari comunali e provinciali residenti a
Milano, Monza, Frosinone e Andria, con la imputazioni di corruzione, turbativa
d’asta, truffa aggravata ai danni di enti pubblici ed emissione di fatture
false. L’epicentro dell’inchiesta è la Sangalli & C. Srl, una grande e
affermata azienda brianzola, leader nella raccolta dei rifiuti urbani, che nel
corso degli anni è riuscita a raggiungere anche importanti risultati sotto il
profilo ambientale. Che però, secondo la tesi accusatoria della Procura di
Monza, in almeno sei casi si sarebbe aggiudicata gli appalti attraverso un collaudato
sistema corruttivo. Per la commessa da 127 milioni di euro della raccolta dei
rifiuti urbani di Monza relativa al 2009 sarebbero state pagate due tangenti da
un milione di euro ciascuna: una a politici (ex assessore all'ambiente Giovanni Antonicelli-Pdl), funzionari e
consulenti dell’amministrazione comunale ( governata in quegli anni da una coalizione Lega Nord-Pdl)
dell’epoca e l’altra a due ex dirigenti dell’Amsa (l’azienda municipalizzata
milanese che si è dichiarata parte lesa). Gli altri appalti oggetto dell’indagine
sono quelli della metropolitana milanese per la pulizia degli spurgi assegnati
tra il 2002 e il 2012 (13,5 milioni di euro);
il rinnovo del contratto di servizio di raccolta dei rifiuti
del Comune di Pioltello (7,5 milioni di euro), che è costato al Sindaco Antonio
Concas (PD) il carcere per una tangente
da 20.000 euro; quello da 3,5 milioni di euro per la manutenzione dei cimiteri
comunali di Monza e l’appalto da 90 milioni di euro per la raccolta dei rifiuti
nel Comune pugliese di Andria e in quello di Canossa in provincia di Reggio
Emilia.
Vicenda a parte è quella relativa ai lavori affidati dal Comune
di Monza a una ditta (per 120.000 euro) riconducibile a Giuseppe Esposito, attualmente
agli arresti poiché ritenuto il capo di un’organizzazione camorristica operante
a Monza. Oltre a Esposito è coinvolta anche l’amministratrice della società.
Con i due è stato indagato e poi arrestato l’ex assessore all’ambiente di Monza
Giovanni Antonicelli (Pdl), il quale si sarebbe adoperato per far assegnare
appalti all’azienda di Esposito in cambio di appoggi elettorali da parte dell’organizzazione
criminale a lui riconducibile.
Si ricordano anche altre operazioni:
- 24 maggio 2013: il Noe (Nucleo operativo ecologico) di
Brescia ha posto sotto sequestro preventivo un’azienda di Adro (BS) che si occupa
del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti.
-18 settembre 2013: sempre il Noe di Brescia ha denunciato 2
imprenditori di Cazzago San Martino (BS) e Sarezzo (BS) per discarica abusiva.
-17 ottobre 2013: condannato in primo grado a 4 anni e 3 mesi
l’ex Sindaco di Buccinasco (MI) Loris Cereda in un processo su un giro di
tangenti legate ad appalti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e per il
cambio di destinazione d’uso di alcune aree.
-18 ottobre 2013: ancora il Noe di Brescia sequestra una
centrale a biomasse e terreni di un’azienda agricola a Gadesco Pieve Delmona (CR)
per smaltimento illecito di rifiuti industriali.
-9 febbraio 2014: arrivano a conclusioni le indagini
preliminari da parte della Procura di Monza a carico di 26 persone residenti a
Seregno, Desio, Cesano Maderno, Limbiate, Giussano, Lissone, Meda imputate per
raccolta e trasporto di centinaia di carichi di rifiuti speciali che avrebbero
scaricato, stoccato e miscelato servendosi di ruspe ed escavatori.
Per quanto riguarda il ciclo del cemento/appalti, ricordiamo che il 21 ottobre 2013 è un giorno destinato a entrare nella storia criminale della Lombardia: è la data di emanazione del DPR che sancisce, per la prima volta in terra lombarda, lo scioglimento di un Comune lombardo per infiltrazioni mafiose. Il Comune è quello di Sedriano (11.000 abitanti in provincia di Milano).
Il tutto nasce dalle inchieste solitarie del quotidiano "Altomilanese" e dalla giovane e coraggiosa giornalista Ester Castano, vedi qui: intervista a Ester Castano, ottobre 2013.
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