Fonte: WWW.PROLOMBARDIA.EU
Su 79 aventi
diritto al voto i sì sono stati 58, compresi quelli dei grillini, e i no 20. Un
astenuto. Tra i «sì» anche l’esponente bresciano del Pd Corrado Tomasi.
E fu così che la
montagna partorì il topolino. La macroregione è ormai relegata nello
scantinato insieme alle altre mille improbabili proposte elettorali
leghiste di questi ultimi 20 anni (ad altre latitudini dicono “Passate le
feste, gabbato lo Santo”, la “lombardizzazione” del detto potrebbe essere
“Passate le elezioni, dimenticati gli elettori”), a scorno perpetuo di chi
continua a porre fiducia in loro.
Se da un lato la
Lega Nord conclude imperterrita il suo percorso di “italianizzazione” (come già
denunciammo, soli, declinando l’invito a partecipare al Congresso di elezione
del loro attuale Segretario Salvini) promettendo rivoluzioni e sfracelli se
governasse lo Stato italiano, si palesa completamente inetta nelle
posizioni di concreto potere sia in Lombardia, sia in Veneto, dimostrandosi
solo capace di disinnescare la voglia indipendentista che in queste due nazioni
d’Europa alberga.
Nel caso dei nostri
confinanti veneti ha promesso il referendum solo dietro una “raccolta fondi”
(disertata in primis dai promotori del referendum stesso, non versando un
€ dal loro lauto stipendio), come se i figli di San Marco non pagassero già
abbastanza tasse ed imposte.
Nel nostro caso,
invece, la concessione di un referendum è arrivata da parte di galantuomini che
rappresentano partiti politici denominati “Forza Italia”, “Nuovo Centrodestra”
e “Fratelli d’Italia”, dopo un ovvio rimpasto di poltrone.
Chiaramente era
assolutamente necessario per i proponenti specificare che l’autonomia risiede
saldamente “nel quadro dell’unità nazionale”, per evitare polemiche tra gli
alleati prima citati; vengono attualmente omessi gli ambiti in cui questa
“autonomia” dovrebbe prendere forma per specificarli in una seduta del
Consiglio regionale.
Probabilmente non
saranno diversi da quelli già chiesti all’epoca della cosiddetta “devolution”,
chiaramente bocciati dal successivo referendum tenuto in tutto lo Stato
italiano, ma l’occasione sarà solo quella di continuare l’ennesimo gioco di
sponda politico con il Partito Democratico, da sempre insensibile a qualsiasi
richiesta territoriale lombarda.
Non crediamo
assolutamente che questo referendum serva a “sensibilizzare” i lombardi in
materia, perché chi governa la Lombardia dimostra di non fare nulla per
aumentare questa presunta sensibilizzazione: non ha promosso nulla che possa
rifarsi ad un percorso indipendentista ed identitario, anzi ha approvato un
“inno” dal quale qualsiasi lombardo, forse addirittura vergognandosi d’essere
tale, ha immediatamente preso le distanze e prossimamente proporrà l’attuale
“rubinetto” come bandiera ufficiale di regione Lombardia.
Nei fatti, una
Regione che si muove “nel quadro dell’unità nazionale” italiana niente altro
può scegliere se una canzonetta raffazzonata alla veloce come inno e un simbolo
inventato e scelto da una giunta di democristiani come bandiera, diversamente
da tutte le altre libere nazioni d’Europa.
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