lunedì 26 marzo 2012

PATTO DI STABILITA': I Comuni della provincia di Brescia con 500 milioni bloccati.

Articolo del Giornale di Brescia del 26 marzo 2012:

Gli enti locali bresciani e la Provincia costretti dal Patto di Stabilità a congelare un tesoro che potrebbe servire per rilanciare gli appalti e finanziare i servizi.
È un tesoro che non si può toccare. Sono quei 500 milioni di euro che i Comuni bresciani e la Provincia hanno in tasca, ma non possono spendere.
Il motivo è legato al rispetto del Patto di Stabilità che, fra le mille regole, penalizza gli enti locali virtuosi e vincola i bilanci. Così tutti quei soldi (350 milioni per i Comuni e 150 della Provincia) restano congelati fino ad un contrordine che non ci sarà. Il Patto di Stabilità, infatti, è frutto di un accordo stipulato fra i Paesi membri dell’Unione Europea. Per modificarlo, quindi, è necessario un accordo Ue.
Nel frattempo, tutti questi soldi bloccati sono destinati a finire nella Tesoreria Unica. Restano, ovviamente, degli enti locali, ma non potranno adempiere ad una funzione strategica in tempi di crisi, ovvero finanziare nuove opere pubbliche e contribuire a mantenere uno standard più elevato dei servizi, oggi sottoposti ad una raffica di tagli senza precedenti.
È una contraddizione ingiusta contro la quale i sindaci si battono da tempo, senza avere ottenuto risultati significativi. 


Trecentocinquanta milioni, secondo le stime di Acb Servizi. Fondi disponibili, di fatto, ma intoccabili.
Tanti, grosso modo, giacciono nelle casse dei Comuni bresciani, vincolati però dal Patto di Stabilità prima e dalla Tesoreria unica poi a non farne ricorso.
«Liberare quei soldi - sbotta il presidente di Acb Servizi, Ettore Monaco, sindaco di Dello - significherebbe dare modo agli enti di pagare i fornitori, rivitalizzando l’economia».
In effetti è così: uno dei nodi del sistema a «competenza mista» - accertamenti e impegni di parte corrente sono considerati in termini di competenza, mentre la differenza tra incassi e pagamenti in conto capitale è contemplata per cassa - consiste proprio nella puntualità dei pagamenti agli appaltatori.
«È inevitabile - conferma Alberto Papa, dottore commercialista e già docente di economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche all’Università di Milano -: per far quadrare i conti i Comuni devono aumentare le entrate o tagliare le spese, il che equivale a contrarre gli investimenti. O a differire i pagamenti ai fornitori».
Il patrimonio giacente nelle tesorerie fa riferimento ad avanzi di amministrazione degli anni precedenti, «non da osservare alla stregua dell’utile di un’impresa - chiarisce Papa - in quanto si tratta di un valore stock composto dal fondo cassa addizionato dei residui attivi al netto dei residui passivi».
Un indice di liquidità secca, quindi, che non rappresenta «un’entrata rilevante ai fini del patto», puntualizza Alberto Papa; gli investimenti, al contrario, costituiscono spesa rilevante.
Soluzioni? La destinazione dell’avanzo di amministrazione, per esempio, «alla riduzione del debito residuo - ipotizza Papa - a parità di condizioni si abbattono le spese per interessi passivi e le quote di rimborso capitale, liberando risorse in parte corrente».
Si recupererebbe dunque flessibilità in una delle parti più rigide del bilancio, tamponando al contempo l’eventuale mancata entrata (più realtà che timore di questi tempi) di oneri di urbanizzazione, destinabili a spesa corrente fino al 75%.
Altra possibilità, l’alienazione del patrimonio, «delle partecipazioni in particolare - illustra l’esperto - dato che gli immobili risultano difficilmente collocabili sul mercato in questo momento».
Alcuni Comuni, infine, stanno ricorrendo al meccanismo del «leasing in costruendo», una soluzione «legittima» ma che per sua natura comporta «un differimento degli oneri: è la "politica del rinvio", e ai fini contabili i canoni irrigidiscono la parte corrente».
Di positivo, tuttavia, c’è «la certezza della consegna dell’opera nei tempi preventivati».

 Gli enti locali costretti a bloccare tanti progetti

I saldi di cassa dei Comuni bresciani raccontano di cifre a sei zeri legate alla chimera di investimenti prioritari ma non attuabili.
Castenedolo a fine 2011 registrava un saldo di cassa di 5,4 milioni; intanto, nel cassetto delle opere da eseguire rimangono «la riqualificazione di via Matteotti - spiega il sindaco Gianbattista Groli - presa in carico dalla Provincia a fine 2010, attività che costerebbe almeno 1 milione di euro». Attraverso la formula del leasing in costruendo è stata tuttavia avviata la realizzazione del Palazzetto dello Sport.
A Chiari, illustra l’assessore al Bilancio Gabriele Zotti, «dovremmo riqualificare via Mazzini e dare il via alla Caserma dei Carabinieri», interventi cui «la Giunta non rinuncia, ma che saranno terminati con tempi inevitabilmente più dilatati nonostante gli 8 milioni di euro giacenti e inutilizzabili».
Travagliato, con il suo saldo di 2 milioni di euro, ha preferito in questi ultimi anni estinguere il debito residuo per una cifra pari «a 4 milioni di euro - quantifica Orietta Truffelli, assessore al Bilancio -, cifra che ci avrebbe consentito la realizzazione dell’asilo», per cui invece si è optato per il leasing in costruendo.
Potendo, ipotizza Orietta Truffelli, «costruiremmo il secondo lotto della Caserma dei Carabinieri, per 3-400mila euro, e procederemmo ad altre opere minori, come la riqualificazione di via Vittorio Emanuele e la sistemazione della facciata del palazzo comunale», o al compimento «del parco Madonna di Valverde».
A Mazzano, infine, quei 4 milioni inviolabili ostacolano «la risistemazione della ex discarica di Ciliverghe - elenca l’assessore al Bilancio Fabio Zotti - e la costruzione della scuola primaria di Molinetto».
Questi sono solo alcuni esempi di opere che restano bloccate per l’impossibilità di spendere soldi che pure ci sono (mah!).


«Sono 150 i milioni che non possiamo spendere»  
Il presidente della Provincia Molgora: «Potremmo costruire la nuova strada della Valsabbia» 
 
 «Soldi in cassa? Ne avremmo a sufficienza per costruire, facendo tutto da soli, la strada della Valsabbia. Ma questi 150 milioni restano congelati in tesoreria, a Roma».
Per evidenziare la propria idiosincrasia nei confronti del Patto di stabilità, il presidente della Provincia Daniele Molgora sceglie la via dell’iperbole. Mentre gli enti locali fanno lo slalom tra i colpi di scure che si abbattono sui trasferimenti, Palazzo Broletto - alle prese, tra le altre cose, con un debito di oltre 450 milioni di euro - gradirebbe avere più margine di manovra, anche alla luce «della rigorosa politica di riduzione delle spese portata avanti da questa Amministrazione - come suggerisce lo stesso Molgora -. La situazione, invece, prevede riduzioni pesantissime dei finanziamenti, che scenderanno a 7 milioni. Se si pensa che, solo nel 2010, erano 50, si intuisce con quali difficoltà avremo a che fare. Il dramma - aggiunge Molgora - è che queste restrizioni ci impediscono di pagare le aziende, creando un danno enorme: come si fa a lavorare senza essere pagati?».
Da tempo schierato - come tanti altri colleghi amministratori pubblici - contro i lacciuoli del Patto di stabilità, Molgora ricorda come «la Provincia riesca a far fronte a determinate scadenze grazie all’avanzo di amministrazione, frutto di una politica dei conti oculata. In questi anni ho tagliato tutto ciò che era possibile tagliare, riuscendo, nel 2011, a poter pagare 17 milioni alle aziende, Per questo 2012, sono convinto di poter contare su un avanzo ancora più cospicuo, con la speranza di avere liquidità per venti milioni di euro. Abbiamo tirato la cinghia sulla spesa corrente, cercando comunque di continuare ad investire. Ho sfruttato inoltre tutte le possibilità, trasferendo quando non utilizzato per la spesa corrente in quella in conto capitale. Ma, di fronte ad una capacità di spesa ridotta di sette volte, di più non potevamo davvero fare».
Ma la domanda più spinosa non può attendere oltre: quanto avrebbe in cassa l’Amministrazione provinciale? «Se non avessimo le mani legate - ribadisce Molgora - potremmo avere a disposizione 150 milioni di euro. Una cifra che, in pratica, ci consentirebbe di risolvere, e del tutto autonomamente, il problema della viabilità valsabbina». Solo che, questi soldi, non sono depositati in un paradiso fiscale, in attesa di poterli spendere. Sono vincolati, come un fondo di risparmio senza la data di scadenza. Scadenza verso la quale, stando al Governo, sono avviate le Province. E tutti questi denari, che fine faranno?
 

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