Il Giornale della Lombardia indipendente
Quando leggo la parola globalizzazione la prima
sequenza che mi viene alla mente è la frutta che troverei in Italia e che viene
invece importata, magari dal Paraguay, che resiste giusto il tempo di entrare
nel mio frigo, che nel trasporto e nella logistica giustifica l’80% del proprio
prezzo.
Quando leggo la parola globalizzazione il primo danno
che mi viene alla mente è il debito. Se tu sposti la produzione, che so, in
Oceania, produci sempre di meno; logica conseguenza, non producendo, dovresti
anche consumare di meno. Ma sei indottrinato a consumare e, per mantenere lo
standard, ti indebiti. Conseguenza ovvia: tutti i paesi occidentali sono sempre
più indebitati, perchè importano sempre di più invece di prodursi da soli
quello che gli occorre…
Se per il consumatore si tratta di autolesionismo
acquisito, per il produttore è manna dal cielo. Da sempre esso cerca la maggior
produzione a minor prezzo. Per qualche tempo, chi produce, si è accontentato dei
progressi di scienza e tecnologia poi, causa l’ingordigia, è tornato a caccia
dello schiavo, portandoselo in casa o andando a casa sua.
I padroni del vapore hanno deciso di far invadere
l’occidente da milioni di poveri, dal costo irrisorio, e nello stesso tempo di
spostare la produzione nel terzo mondo, laddove costa molto, molto, molto meno.
In pochi beneficiano di queste circostanze, la
maggioranza viene progressivamente rovinata.
Lo sviluppo di movimenti localisti ed antiglobalisti
sarebbe la grande speranza di libertà (quante volte l’ho detto e
scritto??), ma l’azione risulta difficile: la propaganda ci “spiega” che non
esistono più popoli e nazioni, ma solo degli individui senza radici e senza
identità, consumo-dipendenti che hanno in comune tra loro il difetto di
fare tutti shopping nei centri commerciali.
Perché si è creata l’Unione Europea, perché si è
voluta questa Unione Europea?
Perché l’Europa era un continente che aveva fondato la
propria storia, le proprie tradizioni, la propria economia su numerosi regni e
repubbliche e città indipendenti; attraverso l’imposizione dell’Unione Europea
la si sta omogeneizzando e centralizzando. La si rende modellabile alla
globalizzazione, come altri continenti, in servizio ad un’elite globale senza
radici, serbatoio di miliardi di servi intercambiabili.
di Giorgio Bargna – Cantù (COMO)
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