lunedì 15 ottobre 2012

Regione Lombardia:gli ultimi colpi di coda di un sistema-italia in fallimento



L’ennesimo scandalo politico della Giunta lombarda avviene durante una nuova stretta di Roma su quel poco di autonomia di cui poteva godere una nazione da 10 milioni di abitanti come la Lombardia. In un quadro europeo in pieno fermento, la Lombardia non può permettersi di rimanere ancorata ad un sistema fallimentare come quello italiano.

In principio fu la diminuzione di eletti nei Consigli Comunali, l’ineleggibilità delle province con i conseguenti accorpamenti, poi venne l’ora della tesoreria unica e della diminuzione di trasferimenti per servizi garantiti dagli enti locali, ora siamo al ritiro di deleghe per le regioni e al controllo sui lampioni comunali.
Un salto all’indietro per il sistema Italia, che ha finalmente deciso di mostrare il proprio naturale volto, quello nato dalla violenza del cosiddetto “Risorgimento”, assemblato in un centralismo d’ispirazione napoleonica, culminato nel fascismo. Nemmeno la Repubblica italiana si è discostata molto dal solco tracciato 150 e passa anni fa. Vennero riprese le “Regioni” create a tavolino in base a modelli derivati dall’epoca romana (la Regione Emilia – Romagna ne è l’esempio perfetto), ma solo 30 anni più tardi vennero messe in funzione.
Il sistema Italia si vide costretto a concedere, nel 2001, una riforma del Titolo V concedendo ulteriore autonomia agli enti locali, in procinto di revisione in queste ore. Dovendo giustificare queste manovre accentratrici, son state opportunamente scoperchiate le azioni di personaggi che hanno sempre fatto parte del sistema Italia e ne sono stati i migliori sponsor, specialmente durante le sacrosante rivendicazioni lombarde.
Il “pregio” di queste manovre dannose è principalmente uno: lo Stato italiano e i suoi supporter non si nascondono più, rigettano ogni tipo di “autonomia” o di “devoluzione” (racchiudendo confusamente sempre tutto nella definizione “federalismo”), esso è nato accentratore e tale rimarrà sino alla sua fine. Tutto ciò rende inutile quindi qualsiasi proposito autonomista di “macroregione” proposto proprio da Formigoni in un caso e dalla Lega Nord in un altro.
Come si può proporre una “super-regione” che acquisisca nuovi poteri (e nella versione maroniana, trattenere anche proprie imposte), quando Roma dimostra che con un colpo di penna può annullare competenze conquistate dopo anni di battaglie? Quale può essere il potere di una nuova “super-regione” nel panorama europeo, quando sempre Roma, in nome del “porre la disciplina funzionale a garantire l’unità giuridica ed economica della Repubblica”, revoca a sé  i rapporti internazionali e comunitari che la Lombardia può intrattenere, mentre Austria, Paesi Bassi e Finlandia possono alzare la voce sul destino dell’Eurozona? Come può una nazione da 10 milioni di abitanti non poter pubblicizzare adeguatamente i propri 9 patrimoni dell’Umanità UNESCO ed attrarre turismo, per doversi conformare a chi ne ha quasi la metà, come Lazio e Campania? Come si può ragionare sul fabbisogno energetico delle imprese lombarde, quando tutto è revocato nelle mani dei soliti noti romani?
È quindi chiaro che i desideri di “macroregione” non siano altro che tentativi di riprendere consensi nell’elettorato lombardo, sia da parte di Formigoni sia da parte della Lega Nord entrambi al governo della Giunta lombarda da anni, e quindi primi responsabili della situazione attuale lombarda.
Uno dei “quattro motori dell’Europa”, assieme la Lombardia, è la Catalunya, e il proprio Presidente Artur Mas, preso atto dall’impossibilità di continuare nella via dell’autonomia con lo Stato spagnolo, ha scelto di donare al proprio popolo la possibilità di votare un referendum per l’autodeterminazione. Perché secondo Formigoni e Maroni, noi lombardi non possiamo fare altrettanto ma solo desiderare un’utopica “macro-regione?
Perché non possiamo godere della stessa dignità dei nostri fratelli europei – catalani?
Formigoni in questo momento politico sta scontando tutti i suoi gravissimi ed imperdonabili errori, ma noi non possiamo fare a meno di giudicarlo negativamente per quella che riteniamo essere la mancanza più grande: il non rendere i lombardi artefici del proprio destino.

di Giovanni Roversi
portavoce di pro Lombardia Indipendenza

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