mercoledì 6 febbraio 2013

Patto di stabilità, la delusione dei sindaci lombardi "Inutile essere virtuosi"

Fonte : WWW.LINKIESTA.IT

Serve a poco avere i conti in regola. Il patto di stabilità dal 2013 stritola anche i Comuni sotto i 5mila abitanti. E, paradossalmente, con i tagli lineari, chi non ha sperperato in passato ha un po’ più di ossigeno. Viaggio nella Bergamasca, tra buoni sindaci delusi.

di Paolo Stefanini 



GRASSOBBIO e CASTIONE DELLA PRESOLANA (BERGAMO) – Qui gli aeroplani attraversano il cielo come le biciclette la strada. Grassobbio è subito fuori dai recinti dell’aeroporto di Orio al Serio, e il traffico di Boeing è più intenso di quello per le vie del paese (poco più di seimila abitanti, tra i campi seminati di industrie alle porte di Bergamo). Nel 2012 la Ragioneria generale dello Stato lo ha riconosciuto come uno dei “Comuni virtuosi” (qua il decreto), ( n.m.g.- e Roncadelle, in provincia di Brescia è uno di quelli ) uno degli enti, cioè, che non ha sgarrato dai quattro vincoli imposti e poi ponderati da Roma: rispetto del patto di stabilità interno, autonomia finanziaria (tra entrate tributarie ed extra), equilibrio di parte corrente, e capacità di riscossione.
Tra le 110 province sono state virtuose appena in 4 (Bari, Lodi, Sondrio e Vicenza). Tra i 2.390 Comuni sopra i 5.000 abitanti (visto che quelli inferiori, ben 5.702, fino al 2013 non hanno dovuto sottostare alle tenaglie del Patto di stabilità) sono risultati virtuosi in 143, un misero 6%.
La stragrande maggioranza dei virtuosi sono al Nord (122 su 143), 17 nelle regioni del Centro, appena 4 tra Sud e Isole. Solo la Provincia di Bergamo ne vanta undici: Calcinate (poi esclusa), Ciserano, Gandino, Gazzaniga, Mozzo, Osio Sotto, Paloso, Ranica, Verdellino, Zogno, e Grassobbio, appunto. Essere riconosciuti virtuosi prevedeva un premio. Certo, non soldi in più da Roma, ma almeno la possibilità di poter usare un po’ di quelli accantonati e di norma bloccati dal patto di stabilità.
Il via libera è stato a lungo ritardato e, nel giugno scorso, gli undici virtuosi della Bergamasca avevano iniziato una battaglia per quella «beffa da 4 milioni», e la situazione si era sbloccata solo all’inizio di luglio. Tra i più combattivi c’era proprio il sindaco di Grassobbio, il leghista Ermenegildo Epis, 64 anni , primo cittadino da tre anni e mezzo.


«È il mio primo mandato», racconta Epis, «e di sicuro anche l’ultimo. Non credo proprio di ricandidarmi. Con questa normativa non ti lasciano fare nulla; è inutile star qui. Non c’è gratificazione, solo tristezze. Siamo i gabellieri dello Stato. Chi è a Roma a fare le leggi non ha mai lavorato nei Comuni. Io ho esperienza. Ho lavorato sempre in Comune; 36 anni come responsabile della segreteria e della ragioneria del personale e dei tributi. Conosco la vita amministrativa; loro no».
Il nervo più scoperto è quello dell’Imu. «Lo Stato si prende tutti i proventi dei fabbricati in classe D, quelli dell’artigianato e dell’industria. Dalle case dei cittadini otteniamo 320.000 euro e dobbiamo dividerli con Roma. Dai capannoni riscuotiamo invece 1.800.000 euro e dobbiamo spedirli tutti giù. I Comuni del Nord, più industrializzati, ci rimettono tantissimo, insomma».
«Con una aliquota Imu della metà rispetto all’attuale, ma che restasse sul territorio senza doverla mandare al governo centrale, saremmo autosufficienti; la gente sarebbe contenta e vivremmo benissimo, potendo offrire più servizi alla cittadinanza. Quest’anno, invece, si aggiungerà il problema Tares, la nuova tassa sui rifiuti. Anche lì… Dicono che è una tassa che resta ai Comuni. Bella cretinata. È vero che resta ai Comuni, ma lo Stato ci taglia i trasferimenti per una somma equivalente. E così i cittadini ci vivono come esattori sempre più assetati di soldi, senza nessun miglioramento sul territorio, perché i soldi sono sempre quelli».
«Diciamo la verità, l’Imu sulla prima casa è una cretinata, una somma bassa. Come dicevo, ho grande esperienza di ufficio, e allora nei giorni in cui c’erano più file sono andato di là a dare una mano agli impiegati a compilare le cartelle. Veniva la gente e diceva “Ah, è solo questo”, “Ah, è così poco”. Noi abbiamo tenuto l’aliquota minima. In più, finché possiamo, non abbiamo addizionale Irpef. Ma il patto di stabilità ci ammazza. Lo ritengo giusto per le spese correnti; sono quelle da tenere sott’occhio. Ma non si possono bloccare in questo modo gli investimenti. Noi abbiamo 12 milioni fermi. A ottobre, grazie al fatto che siamo stati virtuosi e con il sistema del patto orizzontale (tra Comuni) e verticale regionale lombardo abbiamo potuto finalmente sbloccare 611mila euro».
«Paradossalmente se la passa meglio chi in passato non è stato virtuoso. Tanto anche dal ’99 in poi, a fine anno non facevano mai saltare nessuno; lo Stato sanava i bilanci e via. Non è mai stato penalizzato nessun Comune sprecone e ora non si può parlare di premi per noi virtuosi, se tieni fermi soldi nostri e il premio sta nel poterne utilizzare il 5%».
Fino alla fine degli anni Cinquanta, Grassobbio era a vocazione totalmente agricola, e non proprio un posto florido. Poi, nel 1961, la svolta, quando il Comune venne dichiarato “zona depressa”, prevedendo sgravi fiscali per chi investisse qui (non si pagava l’Ilor). Le fabbriche si accatastarono una sull’altra, facendolo diventare uno dei poli produttivi più vivaci della Bergamasca. Non c’erano abbastanza operai per supplire alle necessità produttive, e i pullman delle aziende facevano la spola con i paesi vicini per caricare mano d’opera.
La fabbrica più famosa era la Lovable, che dava lavoro a più di mille persone («Ora produce all’estero qua ci sono solo poche decine di persone per la gestione del magazzino», si rammarica il sindaco). Grassobbio non entra spesso nelle cronache (qualche incidente stradale, qualche incidente sul lavoro…) ma almeno un paio di volte si è guadagnato dei titoloni per gli assalti ai tir carichi di mutande e reggiseni, con ricchi bottini rapinati dai pirati della biancheria intima.
Il tessuto produttivo ha subito duramente la crisi. Molte delle fabbriche storiche sono chiuse. Ora quella più nei guai, e di fatto ridotta al«coma aziendale» (definizione Fiom), è la Carival caldaie, che non paga gli operai da mesi. La casa madre del Liechtenstein ha deciso di chiudere con la produzione a Grassobbio. Negli ultimi due tre anni hanno chiuso la Mr81 (filati), la Vibro (manufatti in cemento), la I.b.a. (Industria Bergamasca Arredamenti; in passato gigante del mobile da bar). «Insomma», riprende il sindaco, «la situazione è triste anche qui. Tutti i giorni viene gente a chiedermi di interessarmi alla loro situazione perché non hanno più il lavoro. Se fossi così potente, lo troverei almeno a mia figlia. Certo, in questi casi, rincresce avere tutti quei soldi bloccati e un ufficio Servizi sociali con così poche risorse».
Nel centro di Grassobbio c’è la nuova chiesa, inaugurata un paio d’anni fa, uno slancio architettonico quasi incredibile per una piccola realtà come questa. Fuori, gli olivi hanno nostalgia di climi meno rigidi. Dentro, la pur bella via crucis ha qualcosa nello stile che ricorda l’arte del cartoon giapponese, con un Cristo Ken Shiro. La perla architettonica di Grassobbio è Palazzo Belli, sede anche del Consiglio comunale («mai più di una o due persone a seguire i consigli», si lamenta il sindaco, «non c’è partecipazione politica»). Poi c’è un santuario in pietre di fiume, un monumento ai caduti… Tutto è curato, come si conviene a un Comune virtuoso, con le sue piste ciclabili, i suoi dossi dissuasori della velocità e gli onnipresenti totem arancione fosforescente degli autovelox. Arrugginiscono invece le gru, sono sempre più vuote le fabbriche.
«Chiudono le ditte e arrivano i parcheggi», dice il sindaco. «Le uniche richieste che abbiamo per i capannoni vuoti sono di aziende che gestiscono il parking per Orio al Serio. Noi siamo scettici, perché siamo in guerra contro l’aeroporto che continua a violare il silenzio notturno dalle 11 alle 6. Dovrebbero esserci pochissimi voli in quelle ore, invece, tra passeggeri e cargo (uno precipitò nei campi di Grassobbio nell’ottobre 2005; i morti furono tre, ndr) è un continuo di decolli e atterraggi. Soprattutto d’estate, con le finestre aperte, non si riesce a chiudere occhio… Ma a qualcuno di questi parcheggi abbiamo iniziato a dir sì, anche se non portano quasi nulla in termini di posto di lavori. Almeno però non lasciamo andare in abbandono le aree ex industriali. Comunque autorizziamo solo le richieste a Ovest del paese. A Est no, se no le macchine dovrebbero attraversare il centro e finirebbe la pace».
Per le elezioni lombarde il leghista Epis spera nel “suo” Maroni: «Anche lui come gli altri sta facendo molte promesse elettorali. Conoscendo la materia, che il 75% di tasse restino in Lombardia mi sembra impossibile. Diciamo che se mantenesse la metà di quello che sta dicendo supererebbe già tutti gli altri avversari…». Teme anche un po’ l’effetto Grillo. «Gli scandali li abbiamo subiti. Un po’ perderemo anche qui da noi. Lui sa tenere bene la scena. Fa scena. Piace. Convince molti. Non dispiace neppure a mia moglie».
Salendo verso il Passo che collega la Val Seriana con quella di Scalve, si arriva a Castione della Presolana. Anche questo è un Comune virtuoso, ma la classifica di riferimento, in questo caso, è quella della Regione Lombardia (eccola). Infatti, essendo sotto i 5.000 abitanti, fino al 2012 non era sottoposto al patto di stabilità. Il suo “indice sintetico di virtuosità” è 98,4257. Per fare un raffronto, Milano totalizza 38,3019, Bergamo 73,0004 e Grassobbio 70,2735.


Sindaco, dal 2011, è Mauro Pezzoli, 52 anni, commerciante e maestro di sci, che a capo della lista civica Vivi Presolana ha sconfitto l’amministrazione uscente (Comune Insieme) e il candidato della Lega Nord. «Siamo al battesimo del fuoco con il patto di stabilità. Già nel Bilancio 2012 abbiamo dovuto prevedere dei cambiamenti nel bilancio. La consapevolezza di aver avuto finora i conti a posto ci fa sentire un po’ più tranquilli rispetto a chi arriva a questo punto in condizioni di dissesto. Ma nel sistema c’è comunque qualcosa che lascia perplessi. Non ci sono premialità tangibili per chi ha governato bene».
«E i tagli lineari ci mettono sullo stesso piano di chi ha sperperato, e anzi hanno un effetto paradossale. Ti dicono, per esempio, che tu devi ridurre al 60% una determinata voce di spesa rispetto al bilancio 2008. Se tu nel 2008 sperperavi, ora, anche così decurtato, i soldi ti bastano. Se, come noi, nel 2008 spendevi il giusto, ti ritrovi nell’incapacità di tener testa anche a spese banali. Per esempio, non possiamo nemmeno più stampare in tipografia i manifesti di convocazione dei consigli comunali e dei bandi. Li facciamo in formato A3 con la stampante a getto d’inchiostro».
«L’altro aspetto impattante è la non possibilità di utilizzare gli avanzi di amministrazione, reinvestendoli l’anno successivo. Adesso se destini 100mila e spendi 80mila, i 20 mila residui vengono congelati. Qui da noi abbiamo 7.200 seconde case. Dai 3.500 residenti saliamo a quasi 40mila abitanti sia in estate che in inverno, perché qui c’è una doppia stagionalità turistica. Abbiamo solo 15 dipendenti e, con quel numero di persone, andiamo in sofferenza su molti servizi, dalla raccolta spazzatura al mantenimento strade. Di certo non si può dire che sprechiamo».
Nella piazza del municipio si aggira Beppe Severgnini, uno dei tanti vip che frequentano Castione. È una specie di paradiso prealpino, questo, con i suoi bar Edelweiss, le baite, la polenta taragna, le seggiovie, la neve che residua a lungo nei pratoni vallivi. Ma è anche un posto ipercostruito, tanto che nel 2010 si era aggiudicato una poco gradevole Bandiera nera di Legambiente per “maggiore cementificazione delle Alpi”. Mauro Pezzoli ha vinto proprio opponendosi a un nuovo Pgt che prevedeva ancora nuove costruzioni per cubature record.
«Abbiamo scelto di preservare quello che ancora resta della natura, senza la quale un paese come il nostro diventerebbe inutile. E la gente ci ha dato ragione. Certo, questo ha significato molti meno soldi in cassa. Gli oneri di urbanizzazione con la passata ammnistrazione si aggiravano sui 600-650mila euro all’anno. Noi nel 2011 siamo scesi a 350mila, nel 2012 a 250mila e per il 2013 ne prevediamo non più di 70mila. Il nostro nuovo Pgt (lo abbiamo depositato e andrà in approvazione in primavera) è verde e prevede anche la riqualificazione della ex Colonia della Dalmine, abbandonata da untrentennio. Sei anni fa è stata ceduta dalla Regione al Comune e noi vorremmo destinarla a servizi pubblici. Stiamo sondando varie istituzioni, soprattutto universitarie, e vorremmo risistemarla col project financing».
«Potreste pensare che così tante seconde case facciamo un sacco si soldi con l’Imu. Invece no. L’incasso è ottimo. Ma lo Stato prevede dei massimali, e, se si superano, come nel nostro caso, allora taglia i trasferimenti. Quindi non ci guadagniamo niente. Andiamo a saldi invariati».
«È forte l’amarezza quando leggiamo degli scandali al Parlamento, nei ministeri, in Regione, nelle Banche. Quella disinvoltura per noi è impensabile. Quegli sprechi offendono. Eppure, per fare i tagli, si è partiti dalla leva più facile, non dall’alto ma dal basso, dai più deboli, dai Comuni. Io sono un ottimista, ma così è demotivante…»


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