giovedì 6 febbraio 2014

Pro Lombardia indipendenza: perchè e come arrivare all'indipendenza della Lombardia.





Perché volere l’indipendenza della Lombardia


La continua permanenza della Lombardia all’interno dello stato italiano sta continuamente soffocando e zavorrando il potenziale del nostro territorio: con la sua folle tassazione, con la sua asfissiante burocrazia e con la negligenza e corruzione del parlamento romano il nostro tessuto socio-economico è in declino.
Proponiamo qui di seguito una serie di dati socio-economici che non hanno bisogno di spiegazioni e commenti.


Alla luce di questi dati qualcuno potrebbe pensare che al posto di una soluzione così radicale e ambiziosa come l’indipendenza potrebbe bastare una via che “stia nel mezzo” come l’autonomia, il federalismo o la macroregione.
Purtroppo riforme in questo senso dello stato italiano non sono praticabili e la presenza per venti anni di un partito autonomista nel parlamento romano (anche al Governo con propri ministri) dovrebbe aver ampiamente dimostrato la cosa.
Se tutto ciò non bastasse a dimostrare l’irriformabilità di questo stato è sufficiente fare alcuni semplici calcoli e guardare al passato.
Per riforme come il federalismo, l’autonomia o la macroregione serve la modifica della carta costituzionale, che può avvenire solamente attraverso il Parlamento italiano, unico ente in grado di farlo.
Per l’approvazione di queste importanti modifiche ci sono due possibilità:
  • la maggioranza dei 2/3 del Parlamento;
  • la maggioranza semplice del Parlamento con successivo referendum confermativo esteso a tutte le regioni.
Nel primo caso servirebbe il voto favorevole di 630 parlamentari, quindi compresi quelli eletti nelle Regioni che grazie allo status quo godono di un trattamento privilegiato.




Come possiamo vedere, anche ponendo il quasi impossibile caso che la totalità dei parlamentari eletti nelle Regioni virtuose votassero a favore di tale riforma, il numero di quest’ultimi non sarebbe sufficiente per modificare la Costituzione.
Il secondo caso si è verificato nel 2006, quando il Governo provò appunto a decentrare (in modo molto blando) lo stato attraverso la Devolution.
Ne conseguì un referendum esteso a tutte le Regioni con i seguenti risultati:





Il grafico ci illustra come solo in Lombardia e Veneto la riforma fosse approvata, mentre il parere negativo delle altre Regioni ci ha condannato ancora a subire inermi le conseguenze del centralismo romano, anche se la riforma in oggetto avrebbe decentrato lo stato in modo molto soft che nulla aveva a che vedere con riforme più radicali come il federalismo o l’autonomia.
Alla luce di questi dati è palese che le alternative che i cittadini lombardi possono scegliere sono soltanto due:
  • continuare a far parte dello stato italiano e foraggiare a fondo perduto la sua corruzione e clientelismo a discapito della nostra società;
  • scegliere la via democratica e pacifica dell’indipendenza, come molte altre realtà europee stanno facendo.
 Come arrivare all'indipendenza della Lombardia

La storia ci ha mostrato che non esiste un unico metodo per arrivare all’indipendenza, e che ogni caso ha avuto origini e intrapreso percorsi differenti.
Come già scritto nelle altre pagine, il movimento si prefigge l’uso di metodi pacifici e democratici come successo nel corso del passato e come sta succedendo anche oggi nel 2014.
Pro Lombardia Indipendenza vuole che si eserciti il diritto all’autodeterminazione, cioè il diritto di un popolo di decidere del proprio destino; un diritto che è tutelato dalla comunità internazionale e riconosciuto dallo stato italiano.
  • Articolo 10, comma 1 della costituzione italiana: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.”
  • Lo stato italiano sottoscrive il diritto all’indipendenza di un Popolo (Patto di New York, L. 881/1977).
  • Dal febbraio 2006 diffondere l’ideale indipendentista con metodi non violenti non è più considerato un reato d’opinione (L. 85/2006)
Il diritto all’autodeterminazione si applicherà attraverso un referendum che verrà svolto nella sola Regione Lombardia e al quale potranno votare tutti i cittadini residenti nella medesima Regione.



Se osserviamo quei casi dove la democrazia è servita al raggiungimento dell’indipendenza, vediamo che ovunque l’obiettivo è stato centrato tramite il ruolo determinante della politica, che è stata in grado di introdurre e attuare all’interno delle istituzioni il percorso indipendentista.
Per questo in primo luogo il movimento si impegnerà per propagandare la concreta possibilità che la Lombardia diventi uno Stato indipendente, evidenziando le cause e le conseguenze di questa unica soluzione, sensibilizzando tutti quei cittadini lombardi ancora convinti che lo stato italiano sia riformabile.
L’aumento dell’adesione popolare al nostro progetto si trasformerà di conseguenza in appoggio elettorale siccome è fondamentale che i cittadini lombardi votino uno o più soggetti politici chiaramente indipendentisti che entrino nel Consiglio Regionale e portino avanti il percorso di autogoverno.
Questi soggetti dovranno immediatamente far valere il proprio peso politico portando immediatamente nel Consiglio Regionale la richiesta di referendum, e in parallello continuare con tutti i propri mezzi a diffondere trasversalmente l’idea indipendentista tra tutta la società lombarda.
Se i Consiglieri Regionali indipendentisti eletti avranno la maggioranza assoluta (come nel caso dello Scottish National Party in Scozia) dovranno immeditamente fissare la data nella quale svolgere il referendum, mentre se fossero in minoranza cercare di far esprimere la maggioranza eletta sul tema in questione (caso di Esquerra Republicana de Catalunya in Catalogna).
Individuata la data per la consultazione, ogni sforzo degli eletti dovrà concentrarsi sulla propaganda indipendentista in Lombardia, mentre all’estero dovranno essere trovati partner istituzionali sovranazionali e non (accordi con UE e Stati membri pronti a riconoscere il nuovo Stato lombardo).
Dopo il voto favorevole al referendum, sarà dichiarata unilateralmente l’indipendenza della Lombardia dallo Stato italiano.
Cosa succederà dopo il referendum?
Successivamente ci sarà un periodo transitorio da uno a due anni, nel quale i lombardi continueranno a vivere come prima del referendum.
Rimarranno attivi tutti i contratti in essere, sia quelli tra privati, sia quelli tra privati ed aziende pubbliche (forniture di gas, energia elettrica etc).
Resterà invariata la validità di tutti i documenti (patenti, carte d’identità ecc.), tutte le pratiche e gli adempimenti burocratici seguiranno provvisoriamente le norme del diritto italiano, fino all’approvazione di una nuova e più efficiente normativa lombarda.
Contemporaneamente seguiranno i negoziati tra lo stato italiano e quello lombardo con la quale verranno divisi il demanio, il patrimonio edilizio pubblico, le riserve auree e di valuta estera, nonché le proprietà per la fornitura di servizi italiani ecc. La Convenzione di Vienna sulla successione tra Stati rispetto ai trattati è un trattato internazionale che regola i principi per la divisione delle suddette tematiche.
In questo lasso di tempo verrà inoltre eletta l’Assemblea Costituente che redigerà la nuova Costituzione della Repubblica Lombarda.
Una volta che la Costituzione sarà approvata tramite referendum dai cittadini, si procederà all’elezione delle nuove istituzioni politiche ed alla stesura dei vari codici (civile, penale ecc.).
Quindi si adotterà il nuovo Diritto Lombardo, abbandonando definitivamente il vecchio diritto italiano.
La Lombardia assumerà il proprio ruolo nel mondo e presenterà domanda di ammissione per diventare membro delle Nazioni Unite. Una delegazione lombarda sarà inoltre inviata presso il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea.
La Lombardia indipendente ce la farebbe?
Contrariamente a quello che pensa la maggior parte dei lombardi la Lombardia ha una popolazione superiore a oltre la metà degli stati membri dell’Unione Europea e un PIL pari o maggiore ad altri stati esistenti come Austria, Svizzera o Svezia.
La sua credibilità finanziaria verso l’estero sarebbe maggiore di adesso perchè la Repubblica Lombarda avrebbe un avanzo di bilancio, anziché un deficit come l’Italia, che permetterebbe di abbassare da subito le tasse ed aumentare la qualità dei servizi pubblici. Anche prendendo in carico una quota del debito pubblico italiano, le obbligazioni lombarde sarebbero sostenibili grazie all’enorme surplus delle nostre entrate fiscali rispetto alle attuali uscite destinate ai servizi pubblici.
La Repubblica Lombarda attirerebbe investitori e capitali stranieri grazie alla sua grande tradizione manifatturiera e ad una pressione fiscale molto più bassa, oltre al fatto di essere un stato solido economicamente: questo significherebbe ampia possibilità di crescita e ripresa dall’attuale crisi.
La Lombardia con l’indipendenza potrebbe esprimere al massimo il suo potenziale sempre più soffocato e ostacolato dalla alta tassazione e dall’invasiva burocrazia italiana.
Di seguito proponiamo un paragone fra la Lombardia, alcuni stati esistenti e altre realtà europee sempre più vicine al raggiungimento della loro indipendenza.



L’indipendenza in Europa 

In molte altre realtà d’Europa è una proposta che sta prendendo sempre più piede, soprattutto ultimamente vista la crisi a cui i vecchi stati sette e ottocenteschi sono andati incontro, inducendo i propri cittadini a capire che questi obsoleti stati non riescono più a soddisfare i loro interessi, ma in alcuni casi sono addirittura un peso insopportabile (alta tassazione, burocrazia ecc.).



L’esempio più importante è quello catalano, dove appunto la Catalogna è a un passo dalla secessione dalla Spagna.
La Catalogna è la regione più spogliata fiscalmente da Madrid e negli ultimi anni il percorso indipendentista è stato abbracciato trasversalmente da tutta la società catalana.
Nel giorno della Diada Catalana (la loro festa nazionale) del 2012 più di un milione di persone sono scese in piazza invocando a gran voce la loro voglia di indipendenza.
Preso atto di ciò il presidente della Generalitat (che sarebbe la regione) Artus Mas ha sciolto il governo locale ed ha indetto nuove elezioni dove nella campagna elettorale di quest’ultime i partiti si sono divisi fra favorevoli e contrari all’indipendenza dalla Spagna.
Il conteggio dei voti non ha lasciato spazi a dubbi: la maggioranza assoluta degli eletti si era schierato a favore dell’indipendenza. Di conseguenza Artur Mas (favorevole alla secessione da Madrid e rieletto presidente), sta ancora oggi lavorando e intavolando l’indizione di un referendum nel quale chiederà ai catalani se vorranno ancora far parte della Spagna.
Le risposta da parte di Madrid sono state ovviamente contrarie e assolutamente liberticide appellandosi alla Costituzione spagnola (che prevede addirittura l’intervento militare in caso di minacce all’integrità della Spagna), ma i catalani ormai vogliono l’indipendenza e sanno benissimo che nel 2014 all’interno di enti come l’UE o la NATO non è possibile reprimere una volontà popolare tramite la violenza.


Sull’onda del caso catalano, anche i Paesi Baschi (che da anni hanno abbandonato i metodi violenti) sono sempre più orientati a chiedere la completa autodeterminazione di Euskal Herria.


Anche in Scozia nel settembre del 2014 verrà indetto un referendum per l’indipendenza dal Regno Unito, dove i cittadini saranno liberi di esprimersi su un argomento così scottante.
Il 19 settembre quindi gli scozzesi potranno decidere se autodeterminarsi in uno stato indipendente e tagliare definitivamente i rapporti con Westminster.


Nel reame del Belgio il partito NVA, che rappresenta la componente fiamminga di quello Stato, è apertamente favorevole all’indipendenza del proprio popolo. Le nuove elezioni che si terranno a breve (a causa dei profondi dissidi non son riusciti a formare un governo belga per molto tempo) non faranno altro che confermare la volontà dei fiamminghi di separarsi dalla componente franco / vallona. 



Anche all’interno dello Stato italiano qualcosa si sta muovendo, e il caso più degno di nota è quello del Veneto.
Nel settembre del 2012 sono state raccolte venti mila firme richiedendo l’indizione di un referendum per l’indipendenza e presentate al Consiglio Regionale.
Purtroppo la mancata presenza di indipendentisti eletti nel Consiglio Regionale ha permesso alla politica di tergiversare e non affrontare seriamente la cosa, anche se migliaia di veneti hanno dato luogo a diverse manifestazioni all’insegna dell’indipendenza.


 La rappresentanza indipendentista nei consigli provinciali e comunali del Sudtirolo è sempre stata ben corposa, e forte è il radicamento del sentimento di autodeterminazione nella popolazione.
Nelle ultime elezioni provinciali i due partiti indipendentisti hanno aumentato di molto i loro voti, sorpassando addiritura il Partito Democratico.
Un referendum autogestito da parte del movimento indipendentista SudTiroler Freiheit ha dato come risultato ben il 98% di voti favorevoli all’autodeterminazione del SudTirol.
Questa è stata una veloce carrellata dei più recenti avvenimenti, ma nel corso dell’ultimo secolo i processi indipendentisti si sono susseguiti e moltiplicati soprattutto in Europa.
Il numero degli stati presenti nel mondo all’inizio del ’900 era di 61, mentre ora è salito a ben 195!





 

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