Pubblico la risposta data dal portavoce di pro LOMBARDIA Indipendenza Giovanni Roversi in data 28 settembre 2011 a una lettera pubblicata tre giorni prima, entrambe sul quotidiano "BresciaOggi".
Al termine viene comunque trascritta la lettera oggetto della replica...................
A proposito di indipendenza
28/09/2011 – BresciaOggi
Stimato direttore, le scrivo in risposta alla lettera pubblicata sul vostro quotidiano, in data 25 settembre,
"Le parole e i fatti", a firma del sig. Enrico Gandolfini, al quale ora mi rivolgo. Pur non citando direttamente
il movimento politico del quale sono portavoce, pro Lombardia Indipendenza, tratta in modo a mio avviso
superficiale una tematica sulla quale fondiamo la nostra attività politica: l'indipendenza completa
dell'attuale regione Lombardia nel quadro di un'Europa unita. Le "conseguenze" da lei proposte, sig.
Gandolfini, sono completamente errate e mi vedo costretto a contraddirle.
Per cominciare, trovo piuttosto grottesco veder citata la Guerra di secessione Americana, avvenuta 150
anni fa in un contesto completamente diverso dall'Europa attuale. Sarebbe molto più adeguato citare,
invece, l'indipendenza del Montenegro dalla Serbia nel 2006, quindi solo cinque anni fa, proprio con lo
strumento referendario. Bastò che il 55% dei Montenegrini risposero votando "sì" al quesito "Volete che la
Repubblica del Montenegro sia uno stato indipendente con una piena soggettività internazionale e legale?"
per creare, in tutta sicurezza e tranquillità, un nuovo stato per i Montenegrini. Il "body count", ovvero il
conteggio dei morti relativi a questa operazione è rimasto ancorato alla cifra zero. Stesso dicasi per gli altri
recenti casi: Groenlandia dalla Danimarca, Kosovo sempre dalla Serbia e Slovacchia dalla Repubblica Ceca.
Inoltre, Alex Salmond, attuale presidente del Parlamento Scozzese e leader del partito a noi gemellato
(siamo entrambi iscritti all'euro-gruppo European Free Alliance) Scottish National Party, ha in programma
nel 2015 un referendum per la completa indipendenza della Scozia dal Regno Unito.
Trovo quindi assolutamente insensato propagandare frasi al limite del terrorismo psicologico, com'è stato
fatto. Sul lato economico, un recente studio Unioncamere Veneto, su dati Istat (quindi decisamente non di
parte) ha calcolato in 7198,00 euro l'anno la somma che ogni lombardo (bambini ed anziani inclusi, quindi)
non può godere a causa dei costi e delle politiche dello Stato italiano. Secondo la CGIA di Mestre, su dati del
2007, sono invece 42,6 i miliardi di euro che annualmente lasciano la Lombardia per approdare chissà dove.
Se nel 1992 avessimo seguito ipoteticamente l'esempio della Slovacchia, la Lombardia avrebbe avuto a
disposizione quindi una somma che si avvicina a 770 miliardi di euro, quasi un terzo dell'attuale debito
pubblico italiano.
Inutile sottolineare che, se potessimo godere di queste nostre risorse, potremmo rilevare e migliorare i
beni pubblici ora gestiti dallo Stato italiano. Quindi mi sento di doverla confortare, sig. Gandolfini, non v'è
per nulla da "rabbrividire": la Lombardia ha i mezzi economici e demografici per essere uno Stato
indipendente, ben di più, tra l'altro, di nazioni già esistenti e facenti parte dell'Unione Europea quali
Austria, Slovenia e Danimarca. Che son cosa ben diversa, con tutto il rispetto, da San Marino.
Su una cosa sento di concordare con lei: la tematica indipendentista, ciclicamente, è utilizzata da partiti che
siedono al governo di Roma da decine di anni, più per mascherare i propri fallimenti, finendo quindi per
denigrarla, piuttosto che presentarla come unico progetto che può risollevare la Lombardia dalla crisi
economica italiana.
Giovanni Roversi-
Portavoce nazionale PRO LOMBARDIA INDIPENDENZA - DELLO
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La “secessione” e i soliti furbetti.
25/09/2011 - BresciaOggi
La matematica non è un’opinione:due più due fa quattro, non un decimale di più né un decimale di meno.
Se un ingegnere volesse costruire un ponte partendo dalla personale convinzione che due più due faccia
cinque,non terminerebbe nemmeno le fondamenta del primo pilone.Anche la lingua non è un’opinione.Le
parole hanno un significato preciso, proprio come i numeri;e non potrebbe essere diversamente,visto che
anche i numeri sono parole. Oggi vanno di moda due paroline,sbandierate con superficialità: secessione e
indipendenza.Dallo Zanichelli.Secessione: ”separazione di parte del territorio da uno stato senza il
consenso di quest’ultimo”; “ritiro, defezione di un gruppo dall’unità sociale,militare,politica e simbolica di
cui faceva parte”.Indipendenza: “condizione di sovranità assoluta,politica,militare e amministrativa”. Da
questi due concetti discendono importanti conseguenze.Primo:non esiste una secessione pacifica e
consensuale.La secessione è sempre un atto unilaterale, traumatico e violento,che comporta una rottura
netta e definitiva con la precedente condizione di unità.La guerra di secessione americana insegna.Il
referendum sulla secessione è,quindi,in primo luogo un non-senso. Consensuale è solo la separazione: ma
separazione e secessione sono concetti per nulla simili.Paradossalmente,la secessione presenta meno
problemi:chi vince si tiene ciò che ha conquistato,e chi perde si lecca le ferite.Molto più problematica
è,invece,la separazione:qui si tratta di fare bene i conti e di dividersi consensualmente i beni, i profitti e le
perdite.Proprio come accade nella separazione fra coniugi. Quali beni?Tutti quelli pubblici,naturalmente,
costruiti completamente,o in parte,con i contributi dello stato; cioè con i soldi di tutti, separisti e no. Giusto
per elencarne alcuni: la rete ferroviaria ( con tanto di rotaie,carrozze,locomotive e infrastrutture varie), la
rete autostradale, gli aereoporti,la rete telefonica,la rete elettrica,la rete idrica,i gasdotti, e la struttura
sanitaria pubblica.E’ ovvio che se i separatisti vogliono tenersi ed utilizzare queste strutture, costruite
anche con i soldi degli altri,devono pagare all’ex stato centrale il giusto corrispettivo. Secondo concetto:
l’indipendenza.L’indipendenza è la conseguenza necessaria della secessione, o della separazione: non c’è
indipendenza senza una secessione, o una separazione,dalla precedente unità.Di più.L’indipendenza non va
confusa con l’autonomia:l’autonomia può anche essere parziale,limitata,relativa;l’indipendenza no. Le
regioni qutonome possono esistere,ed infatti esistono;le regioni indipendenti,no:perché non sarebbero più
regioni,ma stati.L’indipendenza,quindi,o è assoluta, o non è. Ciò significa che un territorio è indipendente
solo se è sovrano;cioè, se ha confini territoriali precisi e riconosciuti dalla comunità internazionale ( e ti
voglio vedere disegnare i confini della Padania!), un governo e un parlamento autonomi,costituzione e leggi
proprie,una moneta propria,con una borsa e un sistema bancario autonomo,rapporti internazionali
autonomi,una pubblica amministrazione autonoma,un sistema fiscale autonomo,un sistema giudiziario e
carcerario autonomo,un sistema scolastico autonomo, un autonomo sistema sanitario,un sistema
assistenziale e previdenziale autonomo, e un apparato militare autonomo. Ciò vuol dire che la parte che si è
staccata dal territorio nazionale deve pagarsi di tasca propria insegnanti ed edifici scolastici, militari,
armamenti e caserme, casse integrazioni, un sistema previdenziale e sanitario proprio, con tanto di
macchinari ed edifici, impiegati e funzionari amministrativi e medici.C’è da rabbrividire. Ma questa è la
secessione e questa, e solo questa, è l’indipendenza. Qualunque altra cosa si intenda di diverso, non è
indipendenza, ma una finta. E a chi volesse prendere ad esempio San Marino, ricordiamo che senza l’Italia
la repubblica del monte Titano non resisterebbe una settimana. Il sospetto,anzi la certezza, è che qualche
furbetto usi strumentalmente le parole secessione e indipendenza per mietere facili consensi,a parole, e
nascondere i concreti fallimenti. Perché in Italia l’unico prodotto equamente distribuito fra nord,centro e
sud sono i furbi,la cui ragione di vita,come tutti sanno, è quella di far passare per fessi gli altri. Ma valgono
sempre le profetiche parole di Indro Montanelli. “ un paese di furbi è un popolo di fessi”.
Enrico Gandolfini
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