Abbiamo constatato amaramente che al
fallimento di ogni ipotesi di riforma federale dello stato italiano si è
accompagnata ormai da anni una deriva neocentralista delle istituzioni
statali, che danneggia marcatamente la Lombardia.
Questo nuovo centralismo è comprovato da
una serie di disposizioni legislative, emanate dai governi di qualsiasi
colore politico, come le leggi sulla tesoreria unica e il patto di
stabilità interno.
Con un decreto legge del governo Monti (è
bene ricordarlo: sostenuto da PD, PDL, UDC e FLI) , dall’anno scorso
tutti i comuni sono stati obbligati a dirottare la loro intera liquidità
verso un unico conto corrente gestito a Roma (la cosiddetta tesoreria
unica) : è bastata così una sola firma del governo centrale e i comuni
sono stati letteralmente spogliati di tutte le loro disponibilità
finanziarie.
Nel prossimo futuro due saranno le immediate conseguenze.
In primo luogo, se un comune avrà la
necessità di spendere i propri denari, da quest’anno dovrà elemosinarli
alla tesoreria centrale e, non essendoci nessuna ragionevole certezza
sulla tempistica dell’accredito, è realistico pensare che sarà costretto
ad accendere mutui o finanziamenti per far fronte alle proprie esigenze
di spesa (come opere pubbliche e servizi sociali).
In secondo luogo, mentre prima
dell’avvento della tesoreria unica il comune incassava una remunerazione
attiva per le liquidità depositate sul conto corrente della tesoreria
comunale, ora che le casse comunali sono state svuotate dalla rapina
dello stato italiano, l’unica possibilità che rimane al comune è di
utilizzare quel conto per eventuali scoperture: cosicchè gli interessi a
credito del conto della tesoreria unica spettano per intero allo stato,
mentre gli interessi debitori delle tesorerie comunali saranno sempre a
carico soltanto del comune!
Il patto di stabilità interno
(introdotto nel 1999 dall’allora governo di centro-sinistra e
riconfermato da tutti i governi successivi, compresi quelli di
centro-destra) aveva sulla carta il nobile scopo di contenere
le spese degli enti locali in modo da ridurre l’indebitamento
complessivo dello stato: dopo più di un decennio, si riscontra il
fallimento totale di questi propositi.
Infatti da una parte l’indebitamento
dello stato è continuato ad aumentare: nel 2000 il rapporto debito/pil
era al di sotto del 110%, mentre nel 2013 questo dato ha superato la
cifra mostruosa del 130%!
Dall’altra parte, il patto di stabilità
continua a imporre ai comuni obblighi di bilancio molto stringenti (in
sostanza è vietato spendere più degli anni precedenti) con effetti
perversi e deleteri: un comune, pur avendo le risorse per realizzare
un’opera pubblica, potrebbe non avere la possibilità di effettuare i
pagamenti dovuti!
L’unica alternativa a disposizione dei
comuni per costruire una strada o continuare ad erogare i servizi
pubblici è quindi quella di aumentare l’imposizione fiscale locale:
perciò nessuno si meravigli se negli ultimi 15 anni (come calcolato
dalla Cgia di Mestre) le tasse locali sono letteralmente esplose del
115%!
Lo stato (nella sua magnanimità…) non
ammette eccezioni neppure in caso di calamità naturali, tanto è vero che
i comuni lombardi ed emiliani colpiti dal terremoto di maggio hanno
denunciato non solo l’assenza di aiuti significativi provenienti da Roma
ma anche il fatto di non aver ottenuto nessuna deroga al patto di
stabilità nonostante questa fosse stata da loro invocata a gran voce.
Pochi sono i sindaci coraggiosi, come il
sindaco progressista di Silea (TV) che in occasione della festa della
repubblica del 2 giugno del 2012 ha rimosso il tricolore dalla sede del
comune e non ha partecipato alle tradizionali celebrazioni in prefettura
in segno di protesta contro patto di stabilità e tesoreria unica.
Qualche anno fa molti altri sindaci
avevano scelto di manifestare in piazza capitanati dal sindaco leghista
di Varese (presidente dell’Anci lombarda) , ma la protesta svanì presto
nel nulla quando Bossi, allora ministro del governo Berlusconi, richiamò
all’ordine i sindaci leghisti perché il loro dissenso poteva mettere a
rischio l’alleanza a Roma con il PDL.
Come se non bastasse, lo stato
(che continua ad indebitarsi) predica il rigore di bilancio ma non a
tutti gli enti locali, mettendo in atto un’odiosa discriminazione
territoriale.
Nel 2007 il governo Prodi si fece carico
di 9,5 miliardi di deficit sanitario della regione Lazio, accumulati
dalle giunte Storace (centrodestra) e Marrazzo (centrosinistra).
Nel 2008 il governo Berlusconi, con il
consenso determinante della Lega Nord, dispose deroghe al patto di
stabilità per erogare somme straordinarie al comune di Roma (5 miliardi
di euro previsti in dieci anni per un debito del comune che oggi si
aggira intorno ai 12 miliardi) , al comune di Palermo (80 milioni) e a
quello di Catania (140 milioni) .
Nel 2012 il governo Monti ha nuovamente
derogato al patto di stabilità per stanziare in favore della regione
Sicilia ben 900 milioni di euro, che saranno necessari tra le altre cose
a sbloccare il pagamento degli stipendi di molti dipendenti regionali,
tra cui i 30.000 forestali dell’isola.
Nel frattempo, lo stesso ministero
dell’economia (pur con parametri del tutto arbitari) ha diffuso la lista
dei comuni più virtuosi, tra cui spiccano quelli lombardi, mentre un
quotidiano a tiratura nazionale ha di recente diffuso un elenco dei
comuni falliti dal 1989 al 2012: 15 in Lombardia, 43 nel Lazio, 121 in
Campania e 131 in Calabria.
La Lombardia non spicca solo per la virtuosità finanziaria dei suoi enti locali, ma anche per molti altri parametri economici,
riportati da Gabrio Casati in “Luigini contro contadini” edizioni
Guerini e associati (dati ISTAT, Ufficio Studi Agenzia delle Entrate e
Quinto rapporto sulla regionalizzazione del bilancio statale): la
più bassa evasione fiscale (intensità del 13% contro il 93% della
Calabria, il 65,89% della Sicilia e il 60,65% della Puglia) , il
maggiore contributo al Prodotto Interno Lordo (la Lombardia produce il
21% del PIL italiano con una popolazione che è il 16% di quella totale) e
i maggiori versamenti previdenziali (il saldo tra le entrate
contributive e le uscite per prestazioni è largamente positivo, mentre
sono pesantissimi i deficit previdenziali in Sicilia, Campania, Puglia e
Piemonte) .
Ma i dati più significativi sono quelli
relativi al residuo fiscale, che è la differenza tra le entrate che la
pubblica amministrazione preleva da un territorio e ciò che la P.A.
restituisce sotto forma di servizi, prestazioni e investimenti (dati
elaborati da Unioncamere del Veneto) : ebbene la Lombardia vanta un credito di 70 miliardi nei confronti dello stato (7.198 euro annui per ogni contribuente lombardo)
, un credito che da solo è superiore alla somma vantata dalle altre due
regioni virtuose, Veneto e Emilia Romagna; tutte altre sono largamente
distaccate, con le regioni meridionali ad avere ancora una volta i
record negativi.
A conclusione di questa analisi, la
virtuosa Lombardia è largamente penalizzata dallo stato italiano:
subisce una vera e propria spoliazione fiscale, non può reagire alla
crisi perché le risorse drenate dallo stato italiano servono in gran
parte al pagamento degli interessi sul debito pubblico (100 miliardi
annui) , ha visto abortire tutte le riforme promesse dalla sua classe
politica (dalla macroregione alla secessione padana, dalla devolution al
federalismo fiscale) e accusa il colpo di un nuovo centralismo.
L’anno scorso il governatore della
Baviera è ricorso alla corte costituzionale tedesca denunciando il patto
di solidarietà federale a cui la Baviera contribuisce per oltre il 50% e
il ministro delle finanze bavarese ha dichiarato “Siamo solidali, ma
non siamo scemi” : perché, escludendo i proclami, chi governa la
Lombardia non difende gli interessi legittimi dei lombardi?
Se i Lombardi dovessero prendere
esempio dai Catalani o dagli Scozzesi, dovrebbero reclamare il proprio
diritto di costituirsi stato indipendente tramite ricorso al democratico
istituto del referendum.
In caso contrario, potrebbero dare
ragione al compianto maestro Gianni Brera, che ai più è noto come
grandissimo giornalista sportivo ma che in realtà fu romanziere,
appassionato di storia e fervido difensore della sua nazione lombarda:
paragonava infatti i suoi concittadini lombardi a una “barca di cojoni”
perché “la gran parte del Paese vive più o meno allegramente su di
noi…né possiamo dolercene, perché metteremmo in ancor più vivo risalto
la nostra qualità di imbecilli”.
Reclamiamo il diritto all’indipendenza della Lombardia tramite referendum!
di DARIO PEDERZANI (pro Lombardia indipendenza)
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