martedì 16 settembre 2014

Sull'indipendenza della Scozia: rompere con il decrepito stato britannico!

Fonte: Comedonchisciotte 
di Tariq Ali


La Scozia è stata a lungo una nazione. Scopriremo presto se i suoi cittadini vogliono che questa nazione diventi uno stato. Io spero che lo vogliano. Questo non soltanto offrirà nuove opportunità per il loro stesso paese, ma spezzerà il decrepito ed atrofizzato stato britannico e ridurrà la sua attitudine ad essere vassallo degli Stati Uniti.
Di qui gli appelli di Obama ed Hillary Clinton a votare “no”, una posizione che Blair condivide in pieno, ma non osa ammettere, temendo che il suo intervento possa far inclinare la bilancia nella direzione opposta. Non si tratta qui di questioni di principio, ma solo di interessi imperialisti.
Gli Stati Uniti hanno accelerato il disfacimento del vecchio stato sovietico, a cominciare dalle repubbliche baltiche, seguite dall’Ucraina e dall’Asia centrale. A questo seguì il crollo della Yugoslavia. Se questo vale per la Lettonia e la Slovenia, perché non per la Scozia? Dopo tutto, la SNP (partito nazionale scozzese) ha (purtroppo) deciso di rimanere nella Nato.
E’ stato esaltante, a livello intellettuale, nel corso di due viaggi in Scozia quest’estate, assistere e partecipare agli impegnati dibattiti che si svolgevano nelle sale congressi, nelle chiese, nelle strade, nei pubs e nelle case. Che contrasto con la triste vecchia Inghilterra, dove tutti i tre partiti e tutti i mezzi di comunicazione sono contrari all’indipendenza scozzese.
La campagna per il “no” è priva sia di senso che di perspicacia, basandosi esclusivamente sulla paura. Ma sono le forze del conservatorismo pessimista in Scozia a dimostrarsi superficiali e limitate. Il partito SNP, e ancor di più la Campagna per l’Indipendenza Radicale, mirano ad una Scozia indipendente in un’ottica internazionale. Il loro sguardo è puntato sul modello norvegese, ed oltre. Alcuni mesi fa, in una lettera aperta al popolo scozzese, pubblicata sull’Herald, alcuni tra i principali scrittori ed intellettuali scandinavi preconizzavano la nascita di uno stato indipendente, ricordando agli scozzesi che anche la separazione della Norvegia dalla Svezia nel 1905 fu preceduta da allarmismo e paura, ma portò ad un miglioramento della qualità della vita e delle politiche di entrambi i paesi.
La notevole crescita del movimento indipendentista è il risultato dell’azione della Thatcher di smantellamento del welfare e della sua approvazione da parte di Blair e Brown. Fino allora gli scozzesi erano stati disponibili ad appoggiare il partito laburista, nonostante la corruzione e gli abusi che caratterizzavano l’apparato del partito in Scozia.
Non è più così.
Quando tantissima gente smette di credere di potersi autodeterminare politicamente all’interno dell’ordine sociale esistente, comincia a guardare oltre i tradizionali partiti di governo. Nel continente (e in Inghilterra) questo ha portato al rafforzamento della destra. In Scozia, ciò che si sta chiedendo è l’autodeterminazione nazionale, sociale e politica: concretamente, questo significa una democrazia sociale umanistica.
Anche se la paura porta ad una maggioranza degli unionisti, tutti concordano sul fatto che le cose non andranno mai più come prima.
E se la Scozia vince, forse anche lo stanco trascinarsi delle politiche inglesi verrà interrotto.


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