martedì 14 ottobre 2014

Ecomafia in Lombardia: il ciclo dei rifiuti

Fonte: "Ecomafia 2014" a cura di Legambiente



ECOMAFIA IN LOMBARDIA
Maggio 2013-Aprile 2014

IL CICLO DEI RIFIUTI

Anche in Lombardia la catena di montaggio del ciclo illegale dei rifiuti non si arresta mai. Mentre la crisi economica continua a mordere e tante aziende son costrette a chiudere i battenti, gli scarti di quello che rimane della produzione, non solo lombarda, e del consumo continuano spesso a finire dalla parte sbagliata. ‘Ndrangheta,  appalti truccati, corruzione, movimento terra e smaltimenti illeciti continuano a essere presenze immancabili di questo sistema criminale.
La forza economica della mafia di origine calabrese in questo settore e i suoi legami con l’imprenditoria e le classi dirigenti lombarde sono confermate dalla Relazione annuale della Direzione italiana antimafia che, a proposito del  distretto della Corte di appello di Brescia (Relazione del consigliere Pier Luigi Maria Dell’Osso) sottolinea:  “In concomitanza con i fenomeni delinquenziali di tradizionale radicamento nel territorio, dai traffici d’ogni genere di sostanze stupefacenti alla tratta di essere umani, allo smaltimento illecito dei rifiuti, allo sfruttamento organizzato di una prostituzione troppo spesso schiavizzata, emergono nuove forme di mercato illegale e modalità operative in perenne affinamento ed evoluzione, in grado di confondersi non di rado con l’economia legale, talchè sodalizi criminali o loro rappresentanti  possono riuscire a intessere affari, più o meno mediati, con settori della stessa pubblica amministrazione: e ciò, non necessariamente avvalendosi delle tradizionali azioni di minaccia, violenza, ricatto. Paradigmatico di siffatte connotazioni dell’agire di stampo mafioso è il sistema attraverso il quale taluni clan criminali pervengono, evidentemente non senza la cooperazione di esponenti delle istituzioni pubbliche e l’utilizzo di artificiosi strumenti giuridici o paragiuridici, al conseguimento di cospicui appalti, formalmente aggiudicati ad altre imprese, anche attraverso il noto meccanismo dei sub, sub e ancora sub affidamenti della realizzazione di importanti parti d’opera. E allorchè si tratti di rilevanti lavori stradali, non di rado l’attività si articola in stretta connessione con imponenti traffici di rifiuti, anche siderurgici, la cui pericolosità è ben nota, se non trattati, utilizzati a mo’ di inerti da cava per le basi di fondo delle costruzioni stradali: e per buona ventura il fenomeno può ora essere oggetto di più pregnanti investigazioni, alla luce della novella normativa dell’agosto del 2010, che ha stabilito la competenza delle Dda ( Direzione distrettuale antimafia) per il traffico organizzato dei rifiuti”.
Dall’ennesimo filone di indagine della celeberrima inchiesta antimafia sull’asse Reggio Calabria-Milano, Infinito-Crimine, è scaturita a giugno 2013 l’operazione denominata Fly Hole, una delle più imponenti eseguite nell’ultimo anno dai carabinieri del Noe ( Nucleo operativo ecologico) di Milano. Operazione conclusa con 8 provvedimenti di custodia cautelare (3 in carcere, 5 ai domiciliari), 20 persone denunciate e il sequestro di 30 camion e 2 aziende del valore di oltre 3 milioni di euro; per un guadagno illecito stimato tra 700 mila e un milione di euro. Rifiuti e cemento erano le attività principali dei soggetti indagati.
Movimentare terra per smaltire rifiuti, come da copione. Gli arrestati sono,infatti, imprenditori operanti nel settore della movimentazione terra, gestori di impianti e di società di trasporti che, con il classico sistema del ”giro-bolla” smaltivano rifiuti speciali che, senza essere sottoposti ad alcun trattamento, venivano illecitamente declassificati in terra e rocce da scavo e poi riversati in cave non autorizzate nelle province di Lodi e di Novara. I camion utilizzati per il trasporto dei rifiuti erano affidati ai “padroncini” di origine calabrese in contatto con le cosche, che scaricavano nelle cave di San Rocco al Porto (Lodi) e Romentino (Novara) migliaia di tonnellate di rifiuti non trattati, assicurando all’organizzazione criminale enormi profitti illeciti. Le indagini, coordinate dal Sostituto procuratore della distrettuale antimafia Alessandra Dolci, hanno messo in luce gli stretti legami di uno degli arrestati con Pasquale Barbaro, noto boss della ‘ndrangheta lombarda morto a fine 2007, e successivamente con Francesco Ietto, altro esponente di spicco delle cosche calabresi dell’hinterland milanese. Si tratta di quella che il Gip Andrea Ghinetti chiama “la camera di compensazione che l’organizzazione criminale si è gradualmente ricavata nel settore allo scopo di garantirsi, in prospettiva, il monopolio anche della gestione dei rifiuti”.
Nell’inchiesta sono finite anche alcune informative che certificano l’interesse delle società degli indagati per i lavori dell’Expo del 2015 e per quelli relativi alla realizzazione dell’autostrada BreBeMi. I materiali inquinati e smaltiti illegalmente provenivano da numerosi cantieri aperti a Milano e dintorni, come quello di un supermercato di Assago, degli scavi di luce e gas in vari quartieri della metropoli e di quelli del teleriscaldamento a Sesto San Giovanni.
Fa ancora discutere in regione la tormentata bonifica dell’ex Sisas di Pioltello (MI), vicenda conclusa, per il momento, con l’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, denominata Black smoke, che risale al gennaio 2014. L’ennesimo caso di bonifica che finisce sulle scrivanie dei magistrati. I militari hanno infatti denunciato 38 persone ed eseguito 6 ordinanze di custodia cautelare a carico di funzionari pubblici e titolari di imprese, tra i quali il commissario per la bonifica nominato dall’allora Ministero dell’ambiente e un alto dirigente dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) di Lombardia, accusati a vario titolo di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, truffa aggravata e corruzione. Uno degli  imprenditori indagati per corruzione era anche stato oggetto delle segnalazioni di due prefetture per la sua “permeabilità ai condizionamenti operanti dalle organizzazioni criminali”.
Nonostante ciò, i lavori di bonifica non sono stati interrotti, ma nel frattempo è stata avviata l’indagine nel corso della quale gli inquirenti hanno predisposto intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno permesso di ricostruire gli incontri e la raccolta di denaro tra gli imprenditori coinvolti, che serviva per corrompere i pubblici funzionari affinchè agevolassero la prosecuzione dei lavori e degli smaltimenti illeciti.
Per una bonifica resa indispensabile dopo che la Società italiana serie acetica sintetica (Sisas), come tante industrie chimiche sorte nel dopo guerra, ha contaminato terreni e realizzato discariche incontrollate per decenni, almeno fino a quando negli anni Ottanta sono state emanate le prime leggi in materia di tutela ambientale e in particolare sullo smaltimento dei rifiuti industriali. Troppo tardi per risparmiare il territorio  da un avvelenamento di proporzioni immani. Così, dopo le prime norme sulle bonifiche e l’affermarsi di una maggiore sensibilità ambientale è iniziato un contenzioso infinito su chi, come e soprattutto con quali soldi dovesse realizzare la bonifica di un’area di più di 300.000 metri quadrati su cui sono sorte ben 3 grandi discariche abusive, per un totale di 280.000 tonnellate di rifiuti contenenti mercurio, zinco, idrocarburi policiclici aromatici, cromo esavalente, tricloroetano, tricloroetilene e nerofumo.
Nel 2004, dopo 3 anni dalla chiusura e dal fallimento dell’azienda, è intervenuta perfino l’Unione Europea avviando una procedura di infrazione europea che rischiava di costare allo Stato italiano una sanzione di 400 milioni di euro più 200.000 euro per ogni giorno di ritardo nella bonifica. Grazie anche a una norma regionale che Legambiente aveva definito “ad aziendam”, pochi giorni prima del termine che avrebbe fatto scattare la sanzione europea, è stato approvato nel 2009 un progetto di bonifica. Che è finito, e siamo a oggi, puntualmente sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti e in cui responsabilità penali saranno chiarite in sede di processo. Intanto, aperderci finora è stata l’intera collettività.
Un cenno merita anche l’inchiesta Clean City per l’estensione e la sistematicità del sistema di corruzione scoperto dagli inquirenti nel settore dei rifiuti in terra lombarda. Più di 200 militari della Guardia di finanza di Milano coordinati dalla procura di Monza hanno eseguito nel dicembre 2013 ben 26 provvedimenti di custodia cautelare (ad altre 15 persone è stato imposto l’obbligo di dimora), con il sequestro di beni per un valore di 14 milioni di euro. L’operazione riguarda appalti truccati e tangenti per la raccolta di rifiuti urbani in Lombardia e in altre 3 regioni, per un fatturato totale di 260 milioni di euro. Tra le persone coinvolte compaiono imprenditori, politici, un Sindaco, assessori, funzionari comunali e provinciali residenti a Milano, Monza, Frosinone e Andria, con la imputazioni di corruzione, turbativa d’asta, truffa aggravata ai danni di enti pubblici ed emissione di fatture false. L’epicentro dell’inchiesta è la Sangalli & C. Srl, una grande e affermata azienda brianzola, leader nella raccolta dei rifiuti urbani, che nel corso degli anni è riuscita a raggiungere anche importanti risultati sotto il profilo ambientale. Che però, secondo la tesi accusatoria della Procura di Monza, in almeno sei casi si sarebbe aggiudicata gli appalti attraverso un collaudato sistema corruttivo. Per la commessa da 127 milioni di euro della raccolta dei rifiuti urbani di Monza relativa al 2009 sarebbero state pagate due tangenti da un milione di euro ciascuna: una a politici (ex assessore all'ambiente Giovanni Antonicelli-Pdl), funzionari e consulenti dell’amministrazione comunale ( governata  in quegli anni da una coalizione Lega Nord-Pdl) dell’epoca e l’altra a due ex dirigenti dell’Amsa (l’azienda municipalizzata milanese che si è dichiarata parte lesa). Gli altri appalti oggetto dell’indagine sono quelli della metropolitana milanese per la pulizia degli spurgi assegnati tra il 2002 e il 2012 (13,5 milioni di euro);
il rinnovo del contratto di servizio di raccolta dei rifiuti del Comune di Pioltello (7,5 milioni di euro), che è costato al Sindaco Antonio Concas (PD)  il carcere per una tangente da 20.000 euro; quello da 3,5 milioni di euro per la manutenzione dei cimiteri comunali di Monza e l’appalto da 90 milioni di euro per la raccolta dei rifiuti nel Comune pugliese di Andria e in quello di Canossa in provincia di Reggio Emilia.
Vicenda a parte è quella relativa ai lavori affidati dal Comune di Monza a una ditta (per 120.000 euro) riconducibile a Giuseppe Esposito, attualmente agli arresti poiché ritenuto il capo di un’organizzazione camorristica operante a Monza. Oltre a Esposito è coinvolta anche l’amministratrice della società. Con i due è stato indagato e poi arrestato l’ex assessore all’ambiente di Monza Giovanni Antonicelli (Pdl), il quale si sarebbe adoperato per far assegnare appalti all’azienda di Esposito in cambio di appoggi elettorali da parte dell’organizzazione criminale a lui riconducibile.
Si ricordano anche altre operazioni:

- 24 maggio 2013: il Noe (Nucleo operativo ecologico) di Brescia ha posto sotto sequestro preventivo un’azienda di Adro (BS) che si occupa del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti.

-18 settembre 2013: sempre il Noe di Brescia ha denunciato 2 imprenditori di Cazzago San Martino (BS) e Sarezzo (BS) per discarica abusiva.

-17 ottobre 2013: condannato in primo grado a 4 anni e 3 mesi l’ex Sindaco di Buccinasco (MI) Loris Cereda in un processo su un giro di tangenti legate ad appalti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e per il cambio di destinazione d’uso di alcune aree.

-18 ottobre 2013: ancora il Noe di Brescia sequestra una centrale a biomasse e terreni di un’azienda agricola a Gadesco Pieve Delmona (CR) per smaltimento illecito di rifiuti industriali.


-9 febbraio 2014: arrivano a conclusioni le indagini preliminari da parte della Procura di Monza a carico di 26 persone residenti a Seregno, Desio, Cesano Maderno, Limbiate, Giussano, Lissone, Meda imputate per raccolta e trasporto di centinaia di carichi di rifiuti speciali che avrebbero scaricato, stoccato e miscelato servendosi di ruspe ed escavatori.

Per quanto riguarda il ciclo del cemento/appalti, ricordiamo che il 21 ottobre 2013 è un giorno destinato a entrare nella storia criminale della Lombardia: è la data di emanazione del DPR che sancisce, per la prima volta in terra lombarda, lo scioglimento di un Comune lombardo per infiltrazioni mafiose. Il Comune è quello di Sedriano (11.000 abitanti in provincia di Milano).
Il tutto nasce dalle inchieste solitarie del quotidiano "Altomilanese" e dalla giovane e coraggiosa giornalista Ester Castano, vedi qui: intervista a Ester Castano, ottobre 2013.


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