martedì 14 febbraio 2012

Patto di stabilità, crescerà il numero dei Comuni impossibilitati a rispettarlo.

Patto di stabilità, crescerà il numero
dei Comuni impossibilitati a rispettarlo
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L’avvento del nuovo governo non ha modificato le forti criticità per il comparto dei Comuni. Naturalmente ci auguriamo che l’Italia esca con le sue gambe e rapidamente dalle secche della crisi e siamo disposti a fare la nostra parte, come abbiamo sempre fatto in questi anni; era però lecito attendersi dal governo dei “professori” una maggiore considerazione per gli enti locali, che sono stati gli unici nel comparto della pubblica amministrazione a fare sempre tutti i loro compiti, presentandosi ogni anno con i conti in attivo.
Invece anche nel 2012 subiremo tagli: meno 8,5 miliardi di euro tra minori trasferimenti e inasprimento del patto di stabilità. Senza alcuna distinzione tra chi governa meglio e peggio, i Comuni sono stati messi dietro la lavagna, senza risorse e con meno autonomia di prima. Con una beffa aggiuntiva: che i tagli sono stati fatti passare per concessioni, le restrizioni per autonomia, l’inosservanza dei dettami europei per rispetto dell’Europa.
La recente estensione dell’IMU alla prima casa è stata presentata come una tassa che serve a dare autonomia e risorse ai Comuni: invece l’eventuale maggiore gettito dell’imposta rispetto all’attuale Ici andrà nelle casse dello Stato (attraverso la riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio), Stato che già direttamente incamera il 50% del gettito Imu sulla seconda casa. I sindaci sono chiamati insomma a mettere la faccia sopra una tassa che, nella migliore delle ipotesi, non porterà benefici ai loro bilanci, che saranno anzi gravati da un ulteriore taglio di 1,45 miliardi al fondo perequativo.
Con la liberalizzazione di negozi ed esercizi pubblici si toglie ai Sindaci ogni controllo sugli orari e le attività che si svolgono all’interno del Comune, azzerando i passi in avanti che si erano fatti per coniugare grande e piccola distribuzione e per mantenere sul territorio un tessuto commerciale e sociale di rilievo: per questo motivo ANCI Lombardia ha chiesto e ottenuto che la Regione ricorresse contro questo provvedimento. Il decreto liberalizzazioni, di recente emanazione, rende di fatto quasi impossibile il ricorso all’affidamento in house per i servizi pubblici locali: proprio in un testo di legge pensato e scritto per riportarci in Europa, viene meno uno degli strumenti esplicitamente previsti dalla normativa europea ed esplicitamente riaffermati in Italia attraverso un referendum.
Non approviamo che, come stabilito dalle ultime manovre, i Comuni debbano dismettere le proprie società e le partecipazioni, anche (e soprattutto) quelle che garantiscono a tutti universalità e qualità dei servizi e danno ai Comuni ogni anno gli utili necessari per affrontare le spese correnti. Obbligarci a vendere entro un termine preciso significa obbligarci a svendere pezzi pregiati del nostro patrimonio, che fanno gola a molti. Lo riteniamo un "esproprio proprietario" che non siamo disposti ad accettare. Il Comune garantisce universalità dei servizi pubblici a tutti i cittadini e tariffe eque. Le società private perseguono, legittimamente, degli utili. Se il patto di stabilità non impedisse ai Comuni di investire, anche le reti (ad esempio quelle idriche) per la cui manutenzione si invoca l’intervento privato, potrebbero essere sistemate dal pubblico.
A questo proposito, è bene ricordare che i Comuni rappresentano il maggiore investitore italiano. Nonostante la presenza di residui passivi nelle casse comunali per 40 mld di euro, 6 miliardi nella sola Lombardia certificati per il Patto di Stabilità Territoriale nello scorso novembre, prevediamo che, dopo essersi già ridotti del 30% negli anni passati, a causa del patto di stabilità gli investimenti caleranno ulteriormente. Se il patto non cambierà, temiamo che quest’anno si alzerà di molto il numero dei Comuni impossibilitati a rispettarlo.
Salutiamo con favore la proroga concessa sull’articolo 16 del DL 138/11, che pendeva come una spada di Damocle sui piccoli Comuni. Il rinvio di un obbrobrio però non cancella l’obbrobrio stesso: ci auguriamo che nei prossimi mesi si apra un dialogo quanto mai necessario per arrivare a una normativa coerente e sensata sull’associazionismo.
Si è inoltre aperto il tavolo interistituzionale di confronto tra governo e autonomie locali, del quale faccio parte insieme, tra gli altri, anche al Sindaco di Pavia Cattaneo. L’auspicio è che il confronto sia serio ed effettivo, che porti alle indispensabili modifiche al patto di stabilità, alla soluzione dei molti problemi ancora aperti sul tavolo delle autonomie locali e alla scrittura condivisa di una riforma istituzionale federalista che renda più moderno ed efficiente il nostro Paese.

di Attilio Fontana - Presidente di Anci Lombardia
www.strategieamministrative.it - gennaio/febbraio 2012

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