giovedì 4 aprile 2013

Gioco d'azzardo e costi affettivi con gli occhi di un bambino.



Adriano ha dieci anni, una mamma Susanna e un papà Livio. Come altri bambini cerca di crescere, ma all’interno di una famiglia caotica e sempre piena di tensioni.
Sono due anni che nella sua famiglia qualcosa si è rotto … suo papà è un giocatore d’azzardo.
L’altro giorno l’ho incontrato e mi ha raccontato le sue paure e i suoi pensieri.
Mi ha raccontato delle tensioni che vive in casa perché la mamma spesso piange.
Mi ha raccontato di nonna Adele e di nonno Giuseppe che ogni giorno da circa 5 mesi telefonano a casa per sapere come va e come sta papà. Gli altri nonni invece non sanno niente di cosa sta succedendo a casa, non sanno che il loro figlio giocava a delle macchinette che si trovano ormai in tutti i bar e che tutte le volte che iniziava non si staccava mai..
Mi ha raccontato delle sue difficoltà scolastiche, della sua incapacità di svolgere con serenità i compiti che la maestra gli dà perché sono troppi i pensieri che si affollano nella sua testa, della sua sempre maggior fatica a relazionarsi con i compagni perchè fa fatica a parlare con loro e a raccontare che cosa sta succedendo a casa e che cosa sta accadendo a papà. Perché è qualcosa che lui stesso non riesce a spiegarsi, che fa paura, che a volte gli toglie la voglia di andare a scuola, la voglia di giocare assieme ai compagni.
Mi ha raccontato che in casa ci sono tante preoccupazioni e che spesso lo zio assieme alla zia è a casa loro per controllare e stare vicino alla mamma.
Mi ha raccontato che mamma continua ad alzare la voce e spesso è al telefono con le amiche a raccontare le cose che fa papà e a dire che non riesce più a stare con lui in questa situazione.
Mi ha raccontato che i soldi non ci sono, non bastano mai, perché papà Livio ha speso tutto. Il suo papà! Papà e mamma continuano a lavorare e i soldi non bastano mai! Papà esce di casa tutti i giorni, ma mamma dice che rischia di perdere il lavoro perché non si presenta… proprio lui, il suo papà che è sempre così gentile e affettuoso, che è ‘un grande’…
Mi ha raccontato che il papà da qualche settimana ha iniziato a frequentare un gruppo con un dottore e che la mamma dice che così guarirà. Il venerdì sera dopo l’incontro raccontano anche a lui che il gioco fa male e che porta la gente ad ammalarsi. E lui ha paura quando vede papà con la playstation, perché la mamma dice che ora che papà si sta curando non deve giocare a nessun tipo di gioco.
Mi ha raccontato che continua a vedere nei bar le macchinette e non capisce perché, se fanno così male al suo papà, e ad altre persone, sono ancora lì e tanta gente le usa.
Adriano ha necessità di capire e di essere rassicurato. Fatica ad accettare che il papà, il suo idolo, la sua sicurezza, possa essere così vulnerabile.
Quante fatiche si trascina dentro questo bambino? E quanti altri componenti della sua famiglia con lui? E quante altre famiglie come loro?
Potete voi dire quanto costa tutto ciò? È mai possibile quantificare il costo di un disastro affettivo come questo? Pensiamo a questo figlio e a questo mostro che lo accompagna nel suo diventare grande… Pensiamo al suo mondo, a quello della mamma, a quello dei nonni, a quello degli zii….
A volte la semplicità disarmante dei bambini ci interroga e ci dà risposte così semplici e ovvie che sembra così ridicolo che il mondo dei grandi non le comprenda.

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