sabato 1 novembre 2014

L’indipendenza e il finto rischio dell’escalation secessionista


di JURI ORSI
Una delle più comuni critiche che vengono rivolte all’indipendentismo, e più in generale allo stesso  diritto di autodeterminazione, è il rischio che una volta ottenuta l’indipendenza, anche le nuove entità statali inizino ad essere dilaniate da ulteriori spinte indipendentiste; questo processo, se portato agli estremi, finirebbe con lo sfociare in un’assenza dello stato. Quante volte abbiamo sentito o letto la frase: “entro pochi mesi finiremmo a fare secessioni di un condominio dall’altro”. Ora, aldilà dell’effettiva natura negativa dell’assenza dello stato, cosa del tutto opinabile, è utile analizzare se questo timore sia fondato o meno. Se una o più comunità nazionali soggiogate dallo stato italiano ottenessero l’indipendenza, si creerebbe davvero un precedente politico e giuridico che porterebbe in pochi mesi alla dissoluzione di qualunque istituzione e ad una sorta di guerra di tutti contro tutti come molti paventano?
Possiamo analizzare la questione dapprima da un punto di vista empirico, per poi passare ad un’analisi teorica. Noi lombardi abbiamo una grande fortuna; per cercare modelli di istituzioni che riconoscono la sovranità dei cittadini ci basta guardare pochi kilometri a Nord. In questo caso possiamo guardare al principato del Liechtenstein. Come è noto, il principato è un esempio di microstato. Infatti la sua popolazione conta circa 36°000 abitanti, divisi in 11 comuni.  Ovviamente tali comuni hanno poche migliaia di abitanti, la capitale Vaduz ne ha infatti solo 5 mila. È interessante notare che la costituzione del principato riconosce il diritto di secessione dei singoli comuni. Nell’articolo 4 della costituzione leggiamo infatti “Ai singoli Comuni spetta il diritto di recedere dall’Unione statale. Sull’avvio del procedimento di recesso decide la maggioranza dei cittadini ivi residenti aventi diritto di voto”.  Questo potrebbe risultare scioccante per tutti gli strenui difensori della sacra unità dello stato, in quanto il vaso di Pandora che secondo loro noi stiamo cercando di aprire risulta aperto a pochi kilometri da noi. Possiamo osservare allora qual è il risultato del riconoscimento del diritto di autodeterminazione, controllando se effettivamente si presenta come quello scenario post-apocalittico descritto in precedenza. Sorpresa sorpresa, i comuni non secedono dal principato. Il motivo è evidente: non hanno interessa a farlo. Che interesse avrebbe un comune di poche migliaia di abitanti a creare uno stato indipendente, con tutti gli oneri interni ed internazionali che ne derivano? Che interesse ha a secedere da uno stato che dal punto di vista amministrativo e politico funziona? È quindi evidente che questo rischio di dissoluzione di qualunque unità politica che porta alla fine del nostro vivere comunitario non sussiste, come evidenzia la prassi in esame.
Ma se esiste la possibilità per i singoli comuni del Liechtenstein di dividersi dal principato, perché ciò non avviene? Questo può essere spiegato dall’analisi teorica precedentemente citata. Posto che il controllo di un determinato territorio costituisce un tratto caratterizzante e fondamentale dello stato moderno, e che lo stato può essere oggi considerato come entità politica fondamentale del mondo contemporaneo, è evidente che l’autodeterminazione di una comunità nazionale che decide di secedere dallo stato di appartenenza costituisce una rottura del contratto sociale alla base della formazione dello stato suddetto. Il recesso da un contratto di questo tipo non è affatto una decisione dettata da motivazioni contingenti; costituisce infatti una forma di ribellione politica(e, spero non ci sia necessità di evidenziarlo, PACIFICA). La scelta democratica di rompere il contratto dipende dal venir meno di condizioni fondamentali e imprescindibili per la convivenza di un popolo con una data organizzazione statale. Nel caso lombardo, ad esempio, possiamo annoverare una rapina fiscale senza precedenti nella storia moderna dell’Occidente e un sistema costituzionale che impedisce di fatto qualunque riforma in senso democratico.  Se non sussistessero condizioni paragonabili a queste, non si arriverebbe al recesso dallo stato e alla formazione di una nuova entità statale.  In Liechtenstein non si verificano secessioni proprio perché non sussistono le condizioni per una rottura politica simile. Questo confuta quindi il rischio di una sistematica serie di secessioni politiche; la nuova entità statale sorta dalla prima secessione si dividerebbe a sua volta solo se si costituissero delle condizioni di malfunzionamento o iniquità così gravi da spingere una parte a voler rompere i legami politici con essa. Altrimenti nessuno avrebbe interesse a secedere da uno stato formandone uno nuovo. Insomma, il nostro essere indipendentisti non deriva da un capriccio passeggero, ma dalla convinzione(che chiaramente noi consideriamo consapevolezza) che non sussistano più le condizioni per continuare a vivere sotto uno stato che stritola la nostra economia, impedisce il nostro autogoverno, nega e tenta di cancellare la nostra cultura e la nostra storia. Una condizione del genere, dal mio punto di vista, potrebbe di certo venire a crearsi nei nuovi stati, provocando la volontà della popolazione di una data area di autodeterminarsi. È quantomeno pronosticabile però che questo sarebbe un caso limite e sicuramente che non si verificherebbe con facilità, provocando una serie incontrollata di secessioni come da molti paventato.
In ogni caso, immaginando la Lombardia del futuro, sarà doveroso prendere spunto dal principato del Liechtenstein per la natura costituzionale del nostro nuovo stato, riconoscendo il diritto di secessione alle future unità territoriali lombarde. Questo per due ordini di motivi:da una parte riconoscere il diritto di secessione rappresenta un aspetto fondamentale, insieme ad un sistema di democrazia diretta, per garantire il vero autogoverno individuale e collettivo; dall’altra perché riconoscere un diritto di secessione alle nostre future unità territoriali rappresenta il primo incentivo per il governo federale a funzionare nel modo migliore e nel totale rispetto dei diritti democratici dei cittadini. Concludendo, l’indipendenza della Lombardia non aprirà un vaso di Pandora scatenando una serie infinita di secessioni, ma sarà il primo passo per la formazione di un sistema istituzionale che, riconoscendo il diritto di autodeterminazione, funzionerà nel modo migliore per far sì che le sue parti componenti siano soddisfatte dalla sua unità.

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