La Carta Europea delle autonomie locali¹, emanata nel 1985, stabilisce che gli stati membri debbano sostenere il progressivo sviluppo di forme di autogoverno, termine che quel testo definisce da un lato come un trasferimento di parte delle funzioni di potere dai governi centrali ai governi locali, dall’altro come un’assunzione di responsabilità da parte dei Cittadini, ai quali si aprono spazi crescenti di partecipazione attiva alle decisioni assunte dagli enti locali.
A seguito della sua entrata in vigore il parlamento
italiano ha dovuto recepire almeno formalmente alcune indicazioni della
Carta Europea, promulgando inizialmente la legge 8 giugno 1990, n. 142²,
denominata «Ordinamento delle autonomie locali», quindi la Legge 3
agosto 1999, n. 265, denominata «Più autonomia per gli enti
locali»³. Infine il governo ha adottato il Decreto Legislativo 18 agosto
2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali»⁴.
Questo quadro giuridico prevede che, a
partire dal 1990, comuni e province siano dotati di uno statuto, che
costituisce una sorta di costituzione dell’ente locale. Per la normativa
vigente in Italia, la formulazione, le modifiche, gli aggiornamenti e
l’approvazione degli statuti sono di esclusiva competenza dei consigli
comunali e provinciali. Ciononostante, gli statuti degli enti locali
rappresentano una grande opportunità per la riforma del nostro sistema
politico, e un vero e proprio tallone d’Achille del regime
partitocratico italiano, blindato nella propria assoluta
autoreferenzialità.
Una revisione, specie se
coordinata tra un buon numero di amministrazioni locali, degli statuti
di comuni e province potrebbe consentire a un numero crescente di
comunità locali di sperimentare gli strumenti della partecipazione
popolare. Una riforma concertata degli statuti potrebbe permettere ai
Cittadini di prendere piena coscienza dei propri diritti, e di
comprendere a fondo la natura assolutistica ed eversiva dell’attuale
regime partitocratico, intravedendo una soluzione alla crisi morale ed
economica del paese nella partecipazione diretta dei Cittadini al
governo della cosa pubblica. Una riforma così concepita richiederebbe
quindi un’azione lucida, coordinata e decisiva da parte di Liste Civiche
decise a ribaltare dalla periferia i rapporti tra il potere dello stato
e quello dei Cittadini.
Il compimento di questa riforma a
livello locale sarà in grado di rigenerare nei Cittadini un senso di
appartenenza alle comunità locali, percepite come strumento di libertà e
di progresso, anziché di asservimento al regime, e promuovere in loro
l’aspirazione a vivere in un paese in cui il potere dello stato, anche e
soprattutto a livello centrale, non sia più appannaggio di caste
politiche colluse con la malavita organizzata e i poteri forti, ma sia
sottoposto ad un controllo popolare permanente.
Partecipazione popolare a scartamento ridotto
A seguito della prima legge (142/1990),
in tutti gli statuti comunali e provinciali sono stati introdotti i
referendum abrogativi, consultivi e, in rari casi⁵, propositivi circa
specifiche materie sulle quali il consiglio comunale o provinciale
mantiene comunque la potestà di deliberare a propria discrezione.
Nella successiva legge (265/1999) dalla
definizione dei referendum sono stati rimossi gli aggettivi consultivo e
propositivo. Circa il referendum consultivo, la sentenza della corte
costituzionale numero 334/2004, si pronuncia significativamente come
segue: «…dal momento che il referendum ha carattere consultivo e non
priva il legislatore nazionale della propria assoluta discrezionalità
quanto all’approvazione della legge…». Analogamente, anche il consiglio
comunale e provinciale (o regionale) sono liberi di non tener in alcun
conto l’esito di un referendum consultivo o propositivo.
Se i politici sono liberi di
disattendere la volontà dei Cittadini espressa tramite un referendum
consultivo, perché allora mantenere in vigore queste forme fittizie di
partecipazione popolare? Si tratta di una pantomima di democrazia
adottata dallo stato centralista per fingere di avere recepito la
normativa europea sulla partecipazione dei Cittadini alla vita degli
enti locali.
Il maggiore studioso del Federalismo del
secolo ventesimo ha scritto: «La sovranità, nelle Repubbliche federali
viene invariabilmente attribuita al popolo che delega i propri poteri ai
diversi governi o che si accorda direttamente per esercitare il potere
come se esso stesso fosse il governo. … Il popolo sovrano può delegare e
dividere i poteri come meglio crede, ma la sovranità rimane sua
proprietà inalienabile.»⁶.
Che cos’è la sovranità se non il potere
di deliberare, modificare o abrogare le leggi che riguardano tutti? La
vera riforma costituzionale di cui lo stato ha bisogno si riassume in
un’unica modifica dell’assetto costituzionale, che riguarda la Sovranità
dei Cittadini sui governanti. L’articolo 1 comma 2, della Costituzione
ha assegnato al popolo la sovranità dello stato, per limitarla subito
dopo⁷ allo scopo di minimizzare il rischio di un ritorno al regime
fascista. Tuttavia, quando il rischio di un ritorno al fascismo è stato
scongiurato, tale limitazione ha avuto il solo risultato di
salvaguardare l’interesse dei partiti e la loro facoltà di disporre, ad
esclusivo vantaggio proprio e delle proprie clientele, della ricchezza
prodotta dai Cittadini con il proprio arduo lavoro quotidiano.
Tutto ciò premesso, è necessario e
indifferibile, nonché fattibile, ribaltare i rapporti di potere tra
Cittadini e politici partendo dagli Enti locali. Strumento di questo
processo rivoluzionario possono essere le Liste Civiche, formate da
Cittadini che rifiutino il meccanismo della delega totale della
sovranità proprio del sistema di potere italiano. Queste liste, oltre
che perseguire obiettivi politici peculiari dei propri territori,
dovrebbero porre come prerequisito del proprio programma elettorale, una
riforma radicale dello statuto del consiglio comunale o provinciale per
il quale si candideranno.
Primo passo: i referendum deliberativi
Una volta eletti, i Consiglieri comunali
(o provinciali) dovranno pertanto finalizzare la loro azione
principalmente a ridurre drasticamente il potere della partitocrazia,
mettendo in atto la prima modifica dello statuto comunale o provinciale,
ovvero eliminando gli attuali tipi di referendum, ed introducendo in
loro vece i referendum deliberativi di iniziativa e di revisione a
livello comunale e provinciale.
Per referendum di iniziativa,
s’intendono azioni tese ad imporre a sindaco, giunta e consiglio
comunale o provinciale, deliberazioni su argomenti che interessano
l’intera comunità. Per referendum di revisione, s’intendono quelle
deliberazioni che, già assunte dall’amministrazione comunale o
provinciale, si vogliono modificare emendando o abrogando norme
esistenti. In entrambi i casi la volontà espressa dalla maggioranza dei
Cittadini elettori circa materie di ambito locale dovrà avere valore
esecutivo immediato, senza ulteriori elaborazioni o mediazioni
politiche, e indipendentemente dal numero dei votanti. Infatti dovrà
essere abolito il quorum, strumento che nega la democrazia assegnando a
chi non partecipa un potere decisionale maggiore rispetto alle persone
responsabili che partecipano alla consultazione popolare. Unico limite
all’esecuzione letterale della volontà espressa dalla maggioranza dei
Cittadini sarà la tutela dei diritti fondamentali dei Cittadini e dei
diritti delle minoranze.
Secondo passo: il difensore civico eletto dai Cittadini
Sempre nel suddetto Decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli
enti locali» si fa inoltre riferimento al difensore civico⁸, una figura
istituzionale che si pone al servizio dei cittadini per aiutarli a
dirimere contese aperte con le amministrazioni locali, e a vigilare
sulla puntuale osservanza degli adempimenti che spettano a questi
ultimi. Le Liste Civiche federate dovranno riformare lo statuto del
proprio ente (comune o provincia) disponendo che il difensore civico
venga eletto dai Cittadini, mentre gli statuti prevedono oggi,
ironicamente, che esso sia nominato dai propri controllati, cioè i
consiglieri comunali o provinciali.
Norberto Bobbio affermava: «La vecchia
domanda che percorre tutta la storia del pensiero politico: “chi
custodisce i custodi?” oggi si può ripetere con quest’altra formula:
“chi controlla i controllori?”. Se non si riuscirà a trovare una
risposta adeguata a questa domanda, la democrazia, come avvento del
governo visibile, è perduta.»
Conclusione
Riassumendo, poiché nella normativa
vigente le modifiche agli statuti comunali o provinciali sono
prerogative esclusive dei consiglieri comunali o provinciali, le Liste
Civiche federate dovranno farsi promotrici di un’iniziativa coordinata
tra tutti i consiglieri eletti del movimento, allo scopo di risolvere la
questione dell’effettivo esercizio della democrazia, il che equivale a
dire l’effettivo esercizio della partecipazione Popolare, leggasi
Sovranità dei Cittadini, come previsto sia dalla costituzione italiana
sia dalla Carta Europea delle Autonomie Locali.
Non dimentichiamo che la storia
ammonisce coloro che rendono impossibili le rivoluzioni pacifiche,
poiché renderanno inevitabili le rivoluzioni violente.
1)
(a) versione html
(http://conventions.coe.int/Treaty/en/Treaties/Html/122.htm) e word
(http://conventions.coe.int/Treaty/en/Treaties/Word/122.doc) in lingua
inglese; (b) riassunto scritto malamente in lingua italiana
(http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Summaries/Html/122.htm)
2) Legge
8 giugno 1990, n. 142 “Ordinamento delle autonomie locali.” (Pubblicata
in G.U. 12 giugno 1990, n. 135, S.O.) Capo III – Istituti di
partecipazione
Partecipazione
popolare. – 1. I comuni valorizzano le libere forme associative e
promuovono organismi di partecipazione dei cittadini all’amministrazione
locale, anche su base di quartiere o di frazione. I rapporti di tali
forme associative con il comune sono disciplinati dallo statuto.
2.
Nel procedimento relativo all’adozione di atti che incidono su
situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di
partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo
statuto.
3.
Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della
popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e
proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere
interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono
essere altresì determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.
Possono essere previsti referendum consultivi anche su richiesta di un
adeguato numero di cittadini.
4.
Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono
riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono aver
luogo in coincidenza con altre operazioni di voto.
3)Legge 3 agosto 1999, n. 265 (in SO n. 149 alla GU n. 183 del 6 agosto 1999)
Disposizioni
in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché
modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142. Capo i. Revisione
dell’ordinamento delle autonomie locali
Art. 3. (Partecipazione popolare). L’articolo 6 della legge 8 giugno 1990, n.142, e’ sostituito dal seguente:
1.
I comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi
di partecipazione popolare all’amministrazione locale, anche su base di
quartiere o di frazione. I rapporti di tali forme associative con il
comune sono disciplinati dallo statuto.
2.
Nel procedimento relativo all’adozione di atti che incidono su
situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di
partecipazione degli interessati secondo le modalita’ stabilite dallo
statuto, nell’osservanza dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto
1990, n.241.
3.
Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della
popolazione nonche’ procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e
proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere
interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono
essere altresi’ determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.
Possono essere altresi’ previsti referendum anche su richiesta di un
adeguato numero di cittadini.
4.
Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono
riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere
luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e
circoscrizionali”.
4)
Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ”Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 227 del 28 settembre 2000 – Supplemento Ordinario n. 162
Articolo 8 Partecipazione popolare
1.
I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le
libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione
popolare all’amministrazione locale. I rapporti di tali forme
associative sono disciplinati dallo statuto.
2.
Nel procedimento relativo, all’adozione di atti che incidono su
situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di
partecipazione degli interessati secondo le modalita’ stabilite dallo
statuto, nell’osservanza dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto
1990, n. 241.
3.
Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della
popolazione nonche’ procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e
proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere
interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono
essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.
Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un
adeguato numero di cittadini.
4.
Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono
riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere
luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e
circoscrizionali.
5.
Lo statuto, ispirandosi ai principi di cui alla legge 8 marzo 1994, n.
203, e al decreto legislativo 25 luglio 1999, n. 286, promuove forme di
partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell’Unione
europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.
5)
Si veda ad esempio la normativa vigente presso il Comune di Cremona
(http://www.comune.cremona.it/bd_ui-viewContent-id_info_form-317.phtml).
Si noti che in questo comune il comitato dei garanti, che ha il potere
di negare l’ammissibilità di un referendum, viene eletto esclusivamente
dal consiglio comunale senza alcuna componente eletta dai Cittadini.
6) D. J. Elazar, “Idee e forme del federalismo”, Edizioni di Comunità, Milano, pag. 90
7)
La Costituzione della Repubblica Italiana. Art. 1. L’Italia è una
Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
8) Articolo 11 – Difensore civico
1.
Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere
l’istituzione del difensore civico con compiti di garanzia
dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione
comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli
abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell’amministrazione nei
confronti dei cittadini.
2.
Lo statuto disciplina l’elezione, le prerogative ed i mezzi del
difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o
provinciale.
3.
Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la
funzione di controllo nell’ipotesi prevista all’articolo 127.
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